I Grateful Dead tornano in studio
Ma erano molto più prolifici dal vivo
Penso che a quei tempi nessuno pubblicasse tanti live quanto i Grateful Dead, che con cinque soli album singoli in studio avevano già pubblicato quattro live: tre doppi e un triplo! In studio erano fermi dal 1970, ed a quell’epoca tre anni erano un’enormità. Li avevamo lasciati con lo splendido American Beauty, seconda puntata della loro fase country-folk, e li ritroviamo con un disco diverso, che, come avevo già detto per Europe 72, vedeva quel sound che li avrebbe caratterizzati fino alla fine. Purtroppo era morto il tastierista Ron McKernan, detto Pigpen, ucciso da un’emorragia gastrointestinale dovuta all’alcolismo: il suo sostituto Keith Godchaux, che portò nel gruppo anche la moglie Donna come cantante, aveva una formazione jazz, quindi ben diversa da quella blues di Pigpen. Questo contribuì ad arricchire la tavolozza della musica della band, permettendo loro di evolvere e sperimentare ancora nei dischi seguenti. Certo, la loro essenza resterà sempre quella di una live band, ma Wake of the flood resta un gran bel disco.
Curiosità: il titolo si riferisce all’inondazione che nel ’48 distrusse la città di Vanport, poco meno di 20.000 abitanti, che come suggerisce il nome si trovava tra Vancouver e Portland. La causa fu una disastrosa piena del fiume Columbia che fortunatamente causò solo 15 morti, ma la città fu rasa al suolo e mai più ricostruita.
La Rubrica 50 anni fa la musica
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