Sono 370 le operazioni di private equity concluse nei primi undici mesi dell’anno
Il dato è stato reso noto dal Private equity monitor della Liuc Business School di Castellanza. Erano 387 nel 2022

Il private equity conferma il buon andamento del mese di ottobre, evidenziando un soddisfacente livello di attività nel mese di novembre. L’osservatorio Pem (Private equity monitor), attivo nell’ambito delle attività della Liuc Business School, ha registrato nel mese di novembre 43 nuovi investimenti, rispetto ai 45 dello stesso periodo, monitorati nel 2022.
I primi undici mesi dell’anno registrano un trend sostanzialmente in linea rispetto al 2022, con 370 operazioni annunciate (erano 387 lo scorso anno), ma i segnali che giungono dall’ultimo bimestre sono certamente confortanti, dopo una faticosa conclusione del terzo trimestre ed un generale rallentamento del mercato M&A (fusioni e acquisizioni) nel corso dell’anno. Permane una sostanziale assenza di deals di grande dimensioni, ma il mercato è certamente dinamico e attento alle opportunità che provengono dal mid market.
«Dopo il trend negativo del secondo trimestre, il numero di deal monitorati negli ultimi due mesi dimostra la vitalità del settore private equity e prelude ad una crescita attesa nei primi mesi del 2024. L’abbassarsi dell’inflazione in Europa e l’incremento del numero di disoccupati in Usa indurranno un abbassamento dei tassi, come indicato da Powell la scorsa settimana, che faciliterà la strutturazione di leverage buy-out (acquisizione attraverso debito).
«Molto interessante anche il numero di add-on (operazioni di aggregazione aziendale) a conferma delle strategie di creazione di valore attraverso percorsi di buy-and-build guidati con successo da manager con competenze strategiche e con solide esperienze m&a» dice Domenico Di Luccia, managing partner di Di Luccia & Partners Executive Search.
A novembre, le operazioni di buy out hanno rappresentato il 77% dei deals totali; gli add on (operazioni di aggregazione aziendale) ammontano a ben il 67%. Il residuo del mercato vede la consueta ripartizione tra operazioni in capitale per lo sviluppo e investimenti in infrastrutture, con due operazioni residuali di turnaround e replacement. Il Nord Italia costituisce sempre il principale polo catalizzatore, con Lombardia, Piemonte e Veneto sugli scudi, ma interessante il contributo proveniente da Toscana e Lazio.
Prodotti per l’industria, Ict e terziario sono i settori maggiormente oggetto di operazioni, con l’aggiunta di un contributo interessante dal commercio all’ingrosso e al dettaglio e dai servizi finanziari. L’attività degli operatori internazionali è sempre ben radicata nel nostro Paese, da loro infatti proviene il 53% dell’attività di investimento. A margine, per quanto concerne l’attività all’estero, si segnala che l’Osservatorio PEM ha mappato cinque add on perfezionati da imprese italiane sotto la regia di un operatore di private equity.
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