Dieci anni di Confcooperative Insubria: bilanci, sfide e visioni per il futuro

Venerdì 8 marzo si terrà a Como l'assemblea che sarà chiamata ad eleggere il nuovo gruppo dirigente dell'unione. Il bilancio del presidente uscente Mauro Frangi

Assemblea Confcooperative Insubria

Dieci anni sono pochi o tanti? La risposta è: dipende. Per un’associazione di categoria potrebbero essere addirittura infiniti, se si considerano le tempeste che nell’ultimo decennio hanno imperversato sull’economia. Una crisi sui debiti sovrani, seguita a quella dei subprime. Una pandemia, due guerre, di cui una nel cuore dell’Europa. La crisi delle materie prime e l’inflazione che si è abbattuta come una frustata sui redditi dei più poveri. Quanto basta per dirsi fortunati, se si è rimasti in piedi. O per dirsi pronti alla sfida del nuovo tempo, se si sono trovate delle risposte.
Lo abbiamo chiesto a Mauro Frangi, presidente di Confcooperative Insubria, a pochi giorni dall’assemblea generale prevista per venerdì 8 marzo.
«In questi dieci anni – dice Frangi – a partire dal momento in cui è stata costituita Confcooperative Insubria, la nostra strategia era guardare al futuro perché integrare due realtà, quella di Varese e di Como, non era una necessità ma una scelta. E questi dieci anni ci hanno confermato che la strada era quella giusta».

Presidente, a partire da quel  25 ottobre 2014, in che cosa siete cresciuti maggiormente?
«È cresciuta l’autorevolezza, l’efficacia e la solidità della struttura associativa e nello stesso tempo è cresciuta la capacità di accompagnare le cooperative, che è la cosa più importante. Abbiamo superato le sfide che si sono attraversate e generato nuove opportunità di sviluppo per le economie mutualistiche sui nostri territori. Quindi un bilancio positivo sia dal punto di vista associativo che per le imprese. Se parliamo di numeri, siamo 387 cooperative, costituite da 35mila soci, che danno lavoro a quasi 11mila persone e realizzano ogni anno un volume della produzione di oltre 300 milioni di euro».

E il suo bilancio personale?
«Non sono stati anni semplici, come lei ha ricordato. Prima la fatica di integrare e far diventare una cosa sola la struttura, abbiamo dato una sede nuova alle cooperative varesine e ampliato quella di Como. Abbiamo consolidato gli strumenti di servizio alle imprese e l’accompagnamento e il supporto alle stesse, che è la cosa più bella e che dà senso a un corpo intermedio. Le associazioni hanno senso solo se mettono al centro i bisogni dei soci e hanno la capacità di leggerli e dare delle risposte. Rappresentanza, associazione, servizi, strutture non sono fini a se stesse ma sono un mezzo. Il nostro slogan è: vengono prima le cooperative di Confcooperative».

A Confcooperative Insubria aderiscono cooperative presenti in tutti settori che valore ha questa varietà?
«È una preziosa risorsa e testimonia il modo in cui la cooperazione ha saputo popolare habitat molto diversi. Cooperative che hanno arricchito e arricchiscono le comunità in cui operano producendo lavoro, ricchezza per le generazioni a venire, opportunità. Certo, la parte del leone la fanno le cooperative sociali che costituiscono più della metà delle aderenti».

Lei nelle assemblee inserisce sempre un elemento legato all’arte, solitamente una narrazione. Quanto è importante l’arte per alimentare la visione di chi è chiamato a guidare un’associazione di categoria come la vostra?
«È fondamentale, perché l’arte ha nella sua universalità una grande spinta all’inclusione. Quando si pronunciano parole come lavoro, comunità e futuro, che sono i tre temi portanti della prossima assemblea, ovvero le tre direttrici dove si colloca la funzione sociale della cooperazione, bisogna avere molto chiaro che non costruiremo un futuro se non costruiremo uno sviluppo in grado di generare inclusione. Questo vale anche per le transizioni (sociale, economica, ambientale e digitale, ndr) che stiamo attraversando. Del resto viviamo in un’epoca dove sembra aver valore solo l’individualismo, il merito e il successo. Ma la realtà è che se non rimettiamo al centro le persone e le comunità, difficilmente riusciremo a garantirci un futuro all’altezza di quello che le generazioni precedenti hanno consegnato».

In alcune occasioni, ha portato l’assemblea in fabbriche dismesse del territorio. Perché?
«C’è un tema di rigenerazione degli spazi e dei luoghi dentro i quali viviamo. È l’unica via per costituire identità e vita in luoghi dove oggi c’è degrado e marginalità. Bisogna riconnettere tra loro le cose che hanno costituito l’identità di questi territori e allo stesso tempo provare a costruire una qualità di vita e un’inclusività superiore a quella che oggi sperimentiamo. Nei nostri territori non mancano aree degradate e in via di spopolamento, ma a Como e Varese siamo tutti presi da questo grande mantra dei flussi turistici che portano visibilità e ricchezza, dimenticando che una città è attrattiva se lo è per i suoi abitanti che si chiedono se vale la pena investire per un progetto di vita o di impresa. Non sono i flussi di mezza giornata o la rendita degli affitti brevi che genererà sviluppo».

Il lavoro che ruolo ha nel delineare l’identità di un territorio?
«Un ruolo centrale se parliamo di buona occupazione, perché senza lavoro le comunità si disgregano. La cooperazione sui nostri territori genera undicimila posti di lavoro a tempo indeterminato, con le caratteristiche che sono proprie della cooperazione, a partire dal mutualismo come leva per fare impresa per soddisfare i bisogni dei soci e del territorio, non sul profitto. Si crea lavoro su beni comuni inclusivi anziché su profitti individuali ed esclusivi. Si può fare impresa mettendo prima le persone del denaro e le relazioni del profitto».

La sfida epocale di cui parla, che ha i suoi capisaldi in valori che non sono il profitto e tantomeno l’individualismo, bussa anche alle porte del mondo profit?
«Il cambiamento riguardante il modello di sviluppo costruito fino ad oggi riguarda tutti e sappiamo bene che le transizioni generano anche esclusione. Si tratta si costruire opportunità per le persone e di prendersi in carico i più deboli. Se guardiamo in prospettiva non possiamo ignorare l’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento della domanda di servizi. Pertanto bisognerà garantire servizi dignitosi e accessibili a tutti al di fuori da logiche di mera prestazione burocratica pubblica o di risposte di chi può permetterselo attraverso il mercato. Per noi è importante affrontare tutto questo senza lasciare indietro nessuno».

Che cosa serve in queste fase per realizzare obiettivi così sfidanti?
«Perché quel percorso si realizzi è essenziale una qualità elevata del gruppo dirigente che sarà eletto dall’assemblea. Servono ancora più idee, più energie, più generosità nell’impegno. Serve selezionare e dare spazio a dirigenti orientati all’innovazione, capaci di allargare e approfondire le relazioni con la società e i luoghi che hanno bisogno di risposte cooperative, determinati a dialogare assiduamente con le aderenti, ad ascoltarne gli amministratori e i soci, attivi nell’iniziativa, creativi nelle proposte. Serve progettare un percorso che accompagni nuove generazioni di cooperatori a garantire la guida dell’unione e il suo futuro».

Il fatto che la vostra assemblea cada proprio l’8 marzo, il giorno della festa delle donne, è un caso o è voluto?
«È una coincidenza. Anche se durante quella giornata ci sarà uno spettacolo di Lucilla Giagnoni, una grande attrice, con “Racconti di piccole donne scritti da grandi donne».

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L’assemblea di Confcooperative Insubria, “Lavoro, comunità e futuro” si terrà venerdì 8 marzo all’Auditorium Scacchi di Como alle ore 16.
Intervengono: Mauro Frangi presidente di Confcooperative Insubria; Alessandro Fermi, assessore all’Università, Ricerca e Innovazione Regione Lombardia; Claudia Sorlini, vicepresidente Fodazione Cariplo; Paolo De Santis, imprenditore; Marco Meni, vicepresidente vicario di Confcooperative .

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 03 Marzo 2024
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