I King Crimson si sciolgono per la seconda volta, ma prima ci regalano uno dei più begli album del prog
Questa volta la fine sembrava definitiva, ma non fu così.

Avevamo lasciato i Crimson ai tempi della nuova formazione di Lark, già dicendo dell’abbandono di Muir.
Il quartetto Fripp/Wetton/Cross/Bruford aveva pubblicato a inizio ’74 l’ottimo Starless and bible black, ed aveva poi iniziato un tour americano che sarebbe stato documentato dal live USA l’anno dopo. Ma l’instabilità sembrava ormai una regola: finito il tour viene “licenziato” David Cross, col trio – e qualche vecchio amico – viene inciso Red, e un paio di settimane prima che esca arriva l’annuncio della fine definitiva dei KC. Proprio definitiva in realtà non sarà ma bisognerà aspettare 7 anni prima di rivedere un disco in studio. La scelta del nome Red pare sia venuta dal fatto che i Vu meter dello studio, come si vede dalla foto sul retro che doveva essere quella di copertina, andavano spesso sul rosso: non era un caso, visto che viene considerato l’album più hard del gruppo, con qualche critico che addirittura si spinse ad avvicinarlo all’Heavy Metal. Non fu un grande successo di vendite, ma alla lunga la critica lo considera uno dei loro migliori album in assoluto, e certo, parere personale ma non solo, Starless è uno dei più bei brani di sempre del prog.
Curiosità: sebbene il “dominio” di Robert Fripp sui King Crimson sia totale ed abbia dichiarato che non esisteranno senza di lui, ai tempi di Red, in cui lui era molto demotivato, ci fu sul piatto una sua sostituzione con Steve Hackett dei Genesis, e Mel Collins si sarebbe aggiunto. Ma il management si oppose…
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