Il film su Aldrovandi giovedì sera a Varese
Il 15 dicembre alle ore 20,30 presso Filmstudio in via De Cristoforis. Ci sarà l'autore Filippo Vendemiati e sarà la prima di una serie di serate dedicate ai diritti civili
Giovedì 15 dicembre alle ore 20,30 presso Filmstudio in via De Cristoforis a Varese sarà proiettato il documentario "E’ stato morto un ragazzo. Federico Aldrovandi che una notte incontrò la
polizia" di Filippo Vendemmiati giornalista della RAI. Alla serata saranno presenti l’autore Filippo
Vendemmiati, Lucia Uva e Domenica Ferrulli. Il documentario racconta la storia di un processo pieno di colpi di scena che alla fine porterà alle condanne per omicidio colposo per quattro agenti di polizia; condanne, tre anni e sei mesi, di cui tre condonati grazie all’indulto, confermate il 10 giugno 2011 dalla Corte d’Appello di Bologna.
E’ la prima iniziativa di un ciclo sui temi dei diritti civili promossa dalla sezione di Varese dell’Anpi, Antigone, Arci, Filmstudio 90, Libera, Prossima Italia e Sinistra Ecologia Libertà. Come racconta l’autore “è una storia che ha a che fare con il sistema
dell’informazione e della giustizia, con la violenza delle istituzioni e il diritto alla giustizia dei
cittadini. Una storia sulla libertà di stampa, infatti se la legge bavaglio fosse stata in vigore cinque
anni fa, senza poter pubblicare gli atti, le foto, le trascrizioni delle telefonate, si sarebbe mai
scoperta la verità sulla morte di Federico e quella di altri casi simili, avvenuti prima e dopo?”
“La morte di Federico poteva essere un fatto come altri, ma su questo a differenza di altri ho
deciso di fermarmi e considerare, per una volta, che valeva la pena raccontare la storia e non la
notizia”.
Vendemmiati continua: “Ho conservato le video cassette originali, i taccuini con gli appunti, tutti quegli strumenti usa e getta che oggi fanno del giornalista un uomo che ha sempre fretta, in preda ad un falso (e isterico) movimento. Volevo scrivere un libro di cronaca, poi l’archivio con centinaia di immagini mi ha convinto che erano quelle a dover essere raccontate, cosi ho deciso di mettermi al loro servizio. I genitori di Federico e i loro legali sono andati avanti non accontentandosi delle versioni ufficiali, raccogliendo brandelli di verità nonostante i tanti tentativi di insabbiamento e mistificazione che hanno accompagnato il caso fin dai primissimi istanti. Per arrivare infine ad una verità anche peggiore di quanto temessero, dopo aver aperto i cassetti dei ricordi e del dolore accettando di renderli pubblici. Ho parlato loro di questo progetto, ne ho ricevuto un consenso incondizionato, senza il quale non avrei mai iniziato. Il lavoro è durato un anno, e devo solo alla famiglia di Federico la forza e la voglia di arrivare in porto, perché la passione e l’impegno nella parte realizzativa si sono duramente scontrati contro ostacoli burocratici e legali”.
“Senza mai arrendersi, ricorrendo anche agli strumenti della comunicazione via internet,
Patrizia e il marito, Lino, sono riusciti a far pubblicare la storia di Aldro sulle prime pagine
dei media nazionali, e a dare impulso ed elementi investigativi ad un’inchiesta ormai destinata
all’archiviazione. A quattro mesi dalla morte di Federico il fascicolo del pubblico ministero era
infatti praticamente vuoto”.
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