Con l’intelligenza artificiale l’Eco di Bergamo riporta in vita gli archivi delle necrologie

Il 25 settembre, al Festival dell’informazione locale di Nantes, Daniela Taiocchi de L’Eco di Bergamo ha presentato un progetto che unisce memoria, tecnologia e comunità

Generico 22 Sep 2025

Il 25 settembre, al Festival dell’informazione locale di Nantes, Daniela Taiocchi de L’Eco di Bergamo ha presentato un progetto che unisce memoria, tecnologia e comunità. Si tratta di Ogni vita un racconto – un portale unico che raccoglie oltre 320.000 necrologi pubblicati a partire dagli anni ’50, resi oggi consultabili grazie all’intelligenza artificiale.

Bergamo è stata tra le più colpite dal covid e il giornale ha trasformato un immenso archivio di dolore e ricordi in uno strumento vivo di identità collettiva.

Il progetto nasce da una riflessione critica sull’uso dell’intelligenza artificiale. Un computer può essere definito “intelligente” solo se si riduce l’intelligenza alla capacità di calcolo, e “originale” soltanto se si considera creatività la ricombinazione di frasi già esistenti. L’intuizione e l’empatia restano prerogative umane.

Per questo, L’Eco di Bergamo considera l’IA un mezzo, non un soggetto. Uno strumento da maneggiare responsabilmente: può essere usato per diagnosticare malattie o, al contrario, per guidare un missile. La differenza la fa sempre la scelta etica dell’uomo.

Il giornale come custode della memoria

“Il progetto – ha raccontato Daniela Taiocchi – non insegue mode tecnologiche, ma si radica in una funzione storica dei giornali locali: essere archivi di comunità”. Già nel 1896 o durante la Prima guerra mondiale, il quotidiano bergamasco trasformava lettere e bollettini in memoria pubblica, dando voce a chi altrimenti sarebbe rimasto nell’ombra.

Questa funzione oggi si rinnova, diventando una piattaforma di memoria vivente che restituisce grandi eventi globali – guerre, migrazioni, pandemie – attraverso le vite quotidiane di una comunità. Daniela Taiocchi aveva presentato il progetto al festival Glocal a Varese nel novembre del 2024.

Dall’archivio cartaceo al portale digitale

Tra ottobre 2023 e gennaio 2024, l’IA ha processato settant’anni di necrologi, oltre un milione di pagine di giornale. È stato un lavoro senza precedenti, che ha richiesto il riconoscimento delle pagine con annunci funebri nei vecchi PDF, l’interpretazione della grafica peculiare dei necrologi, la normalizzazione dei nomi dei paesi che nel tempo avevano cambiato denominazione e l’incrocio delle date di pubblicazione con quelle dei decessi effettivi.

Il risultato è stato la digitalizzazione e la catalogazione di 320.000 annunci, resi consultabili per nome, città, data e persino professione. Ogni decennio ha rivelato un proprio linguaggio nel raccontare la vita e la morte. Fondamentale è stato l’intervento umano: attraverso un’app dedicata, i redattori correggevano i casi incerti, permettendo all’IA di imparare e ridurre progressivamente gli errori.

Storie che riemergono

Grazie al portale, il giornale ha potuto riscoprire storie dimenticate. Un articolo dedicato ai “dottori della bambola” – figure legate al mondo dell’infanzia, dal medico all’artigiano, dallo stilista allo storico – ha raccolto oltre 50.000 reazioni sui social, segno che la memoria tocca corde profonde nelle famiglie.

Sono emersi anche racconti di identità locali: come quello di una caregiver morta in un incidente, o di “Tony Perso”, bambino sopravvissuto a una settimana nel bosco, soprannome che lo ha accompagnato per tutta la vita. Anche i nomi, scelti o assegnati dalla comunità, diventano parte integrante della memoria collettiva.

Etica e diritto all’oblio

Lavorare con necrologi e archivi significa muoversi in un terreno delicato. Il GDPR non tutela i defunti, ma i familiari hanno diritti sulla memoria dei propri cari. Inoltre, la Corte di Cassazione ha stabilito che le notizie possano restare negli archivi, ma non essere continuamente rilanciate senza un interesse pubblico attuale.

“Non tutto ciò che è legale è anche giusto” ha ricordato Taiocchi. Pubblicare dati sensibili o immagini di cimiteri implica una responsabilità etica che nessuna tecnologia può sostituire.

Le radici nella pandemia

Il progetto affonda le sue radici nel trauma della pandemia. Nel 2020, quando in soli 40 giorni morirono 6.000 persone, L’Eco di Bergamo installò un maxi-schermo sul balcone della redazione con i nomi e i volti delle vittime, creando anche un portale digitale per permettere ai cittadini di dialogare con i loro cari scomparsi.

Da quella esperienza è nata la consapevolezza che ogni vita merita di essere ricordata. Oggi, con Ogni vita un racconto, quell’eredità diventa un patrimonio collettivo, accessibile e condiviso.

Memoria che guarda al futuro

L’iniziativa de L’Eco di Bergamo dimostra che l’intelligenza artificiale, se guidata dall’uomo, può trasformarsi in uno strumento per rafforzare la memoria di una comunità. Ogni necrologio diventa così parte di una narrazione più ampia, che intreccia passato e presente, locale e globale.

Un progetto che non solo racconta la morte, ma restituisce vita: perché, come ricorda il titolo scelto, ogni vita è una storia.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Settembre 2025
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