alesan3v

Alessandro Vaccari

  • Vive a Mirandola MO

I miei commenti (2)

  1. Buongiorno. Per soddisfare la richiesta del prof. Pippione introduco qui la mia posizione riportando una degna citazione: “Dobbiamo forse rinunciare alla libertà perché la libertà si rivela un ideale cristiano? No, niente deve andare perduto, nemmeno la libertà; ma essa deve diventare nostra propria,
    e questo essa non può farlo nella forma della libertà”. Queste parole provengono da l’Unico e la sua proprietà di Max Stirner, il filosofo maledetto, il cantore dell’egoismo e dell’individualismo, auto-espulsosi dalla sinistra hegeliana e scartato dalla storiografia della filosofia ufficiale perché assurdo. Eppure Stirner ha sempre avuto ragione e tutti gli altri no. Cosa non si fa se non per amore di sé stessi, ma anche a cosa si rinuncia per la stessa causa? Quella propria, quella individuale, quella egoistica. Così anche è per Galimberti, per il cristianesimo, per ogni io o tutto che fondi la propria causa su sé stesso. Ma io non sono il professor Galimberti, né il Pippione, né lo spirito del cristianesimo, ma solamente io. Ed anzi tanto più io aderisco alle loro idee, tanto più condivido il pensiero di qualcun altro, tanto più non sono io, mi allontano da me stesso, poiché chi parla non è lui a parlare, quasi sempre, ma è lo spirito che lo muove, le idee della ragione o del cuore che parlano per lui. Con il cristianesimo e lo spirito delle leggi civili si dà atto ad un dominio sovraelevato a me, con l’areté greca si annullò l’individualità propria per divenire cittadini e soddisfando così la causa dello Stato, della polis. C’è un potere a noi sovraneo che non è quello di Dio o della ragione, ma è il mandato di governo che noi abbiamo conferito loro rinunciando alla nostra autorità, per immolarci allo spirito di abnegazione, alle cause superiori, giacché esse sono il fine ultimo delle nostre aspirazioni, la “buona causa” nella quale dobbiamo dissolvere la nostra. E tutto ciò a vantaggio di chi deve essere compiuto? A nostro, si dice, per amore di noi stessi! Oh, quale paradosso, quale assurdità e inganno riconoscerebbe immediatamente qualunque uomo si ridestasse dal torpore idealistico, ricominciasse ad ascoltare interamente sé stesso e non solo la propria “coscienza”. Ma per fare ciò occorre annullarsi ugualmente, sciogliere il proprio legame con i comandamenti del cuore e della ragione per lasciare voce al proprio io. E lì si scoprirà che l’io è nulla, che è un vuoto onnipotente da cui però si genera tutto, ogni singolo passo della propria singolare vita ed ogni proposito di vita comunitaria. Chi l’ha detto che io non possa stare in piedi con le mie gambe, reggermi interamente ed unicamente con le mie sole proprie, interiormente ed esteriormente? Ma così non si deve fare, poiché è il diritto concessomi da altro che conferisce a me la libertà, non la forza di sapermela prendere da me stesso, così come il mio appello al diritto proviene da questa mia incapacità di stabilire io la legge, o perché la legge mi ha arrecato un torto od un danno e per questo io avanzo le mie richieste e le mie petizioni affinché il principio legalitario venga ristabilito.
    Tutte queste rimostranze sono puerili formalità e rimangono inefficaci, così come nominare semplicemente lo Spirito Santo o il noùs non rende me santo o intelligente, ma mi illude semplicemente di essere quelle cose, perché io mi avvalgo di una conoscenza nominale e la verità si conosce solo sul piano della parola. Sono tutte parole, tutte essenze immaginifiche di una tradizione del pensiero e della cultura che ci portiamo sulle spalle da millenni, e per quanto irreali esse ormai pesano nel nostro fardello, quando le ossa e le membra scricchiolano sotto il peso di questo accatastamento verbale del Lògos e della Storia. Vanitas vanitatis et omnia vanitas!
    La strada da ricercare è nella volontà e nell’arbitrarietà della causa propria, che diviene più evidente e chiara quando si mette in luce questa schietta verità della causa egoistica, e si smette una volta per tutte di aggrapparsi alle leggi, al cuore ed alla ragione, per cercare nell’altro la salvezza o la colpa di tutti i propri mali. Il filosofo Galimberti, che si dice greco, e i padri della scolastica come san Tommaso d’Aquino, sono in realtà la stessa cosa, le due facce della stessa medaglia, in quanto che i nostri rapporti di umani sono morali, poiché in noi è impresso il presupposto della moralità e della legalità, i quali da un lato diciamo ci elevino alla realizzazione spirituale e materiale e nell’altro ci privano della libertà dalle cose, trattenendoci in una falsa coscienza che sin dall’infanzia ci è stata inculcata e imbeccata per il nostro bene.

    “Per essere un buon cristiano c’è solo bisogno di credere e questo si può dare anche nelle condizioni più opprimenti”

    “Non la fede e la povertà, ma il possesso e la cultura rendono beati. Ciò comprendiamo anche noi proletari” – Max Stirner, l’Unico e la sua proprietà

    Cordialità

    M° Alessandro Vaccari

    in Quegli addebiti di Umberto Galimberti al cristianesimo

    28 Febbraio 2024 alle 11:50
  2. Ma tutti elevano questa santimonia della ragione e della fede, poiché non dando voce al proprio io si sentono incompleti, facendo appello al cuore ed alla ragione, come se la libertà fosse solo quella interiore, come se di essa si possa godere solo tramite la concessione di un diritto conferitoci da altri.

    Ho inviato per email alla redazione la mia riflessione più esaustiva sulle opinioni degli uni e degli altri. Mi farete cosa gradita se vorrete darmene riscontro. Cordialità

    A. Vaccari

    in Dall’antica Grecia all’IA, l’Io e il Noi di Umberto Galimberti riempie il Teatro di Varese

    28 Febbraio 2024 alle 12:19

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