Galli & Ampollini, candidati ulivisti al debutto
Primo discorso ufficiale di fronte alla platea del centrosinistra
Scusi, ma lei che ne pensa? "Io penso che è tardi" risponde l’uomo ulivista sulla cinquantina, occhialini, sguardo attento. E sono solo le 22 e 20. Ma a quel punto i due candidati del collegio di Gallarate hanno già parlato quasi un’ora.
Si chiamano Maurizio Ampollini e Pierluigi Galli. Il primo è cattolico, Ppi, ha una giaccia grigia, un gilet, barba scura un po’ sbiancata e vuole diventare senatore. Il secondo, diessino, è in completo scuro, camicia chiara, cravatta vivace e aspira a un posto da deputato. La sala non è una festa ma si è visto di peggio. Appesi ai drappi verdognoli della sala Rusnati c’é Rutelli in tutte le pose: Rutelli che sorride, Rutelli con la mano pronta ad acchiappare qualcosa, Rutelli con un anziano che piange miseria, Rutelli con microfono. Il tavolo dei relatori e infagottato rosso fuoco e quasi ricorda quello dei congressi socialisti di fine ottocento. I teli sullo sfondo sono rossi, blu e arancioni; gli stessi colori delle spillette dei Comitati Rutelli. All’ingresso della sala é il salvadanaio di cartone a piangere miseria, ma siamo solo a metà serata. Si vendono anche piantine in vasi mignon: un augurio, una profezia, che la piccola dote di voti che il centrosinistra possiede da queste parti sfoci in una grande fioritura. Ci sono violette, roselline e piante grasse. Niente rose rosse. Niente girasoli. Niente margherite. Ma come? Il presidente del Sos di Malnate parla per venticinque minuti. Sarà il candidato dell’associazionismo, del volontariato. "Le immagini di una vita patinata mi fanno schifo" dice a un certo punto. Pierluigi Galli, segretario dei Ds, ricercatore storico, vicepreside dell’Itis di Gallarate, ha un tono più da oratore vecchio stile. E’ un uomo di scuola e sul tema educativo piazza la battuta più dura. "Se vince la destra avremo forse come ministro della pubblica istruzione l’onorevole Giovanna Bianchi. Sentite cosa disse un po’ di tempo fa: i giovani padani studiano una storia condizionata ancora oggi dal colonialismo dell’impero romano sul Nord". |
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