«Non ho mai sognato di fare la cantante rock. Non è nel mio stile. A 14 anni mio padre mi disse che mi vedeva bene come ingegnere e così è andata». Cristina Quaglia, bustocca di nascita, in questi giorni, come responsabile marketing è a Varese a dirigere la presentazione della nuova auto della Lancia, la Musa. Si è laureata al Politecnico di Milano in ingegneria funzionale e da circa dieci anni lavora nell’industria collezionando già una carriera di tutto rispetto.
Dopo una prima esperienza alla Pirelli pneumatici è stata assunta alla Whirlpool a Cassinetta. Per la stessa azienda ha poi lavorato un anno e mezzo in Francia ad Amiens e poi di nuovo a Varese nella logistica centrale. Un paio di anni fa il cambiamento con un contratto in Fiat a Torino e da ultimo alla Lancia. Una carriera a spron battuto? «Sì, ho fatto molte esperienze anche con il coraggio di cambiare. Sono molto contenta di esser stata in Francia perché mi ha fatto molto crescere a livello personale. Lì ho dovuto cavarmela davvero da sola e non conoscevo nemmeno la lingua».
Come ha vissuto l’abbandono di Busto e il trasferimento a Torino? «L’impatto con la città è stato duro. Torino è una città chiusa e il mio lavoro mi ha assorbito del tutto non permettendomi di ricrearmi un giro di amici come avevo a Busto. In Fiat ho poi dovuto affrontare un lavoro completamente nuovo. Fino ad allora mi ero occupata di produzione, ora invece ero tutta proiettata sul commerciale. Quando mi hanno offerto di passare ad occuparmi di marketing alla Lancia ho accettato volentieri: era una nuova sfida».
Lei ha investito molto nel suo lavoro. Ha raggiunto dei bei traguardi, non ha rammarichi? «Ho iniziato a lavorare dieci anni fa mettendoci il massimo delle mie energie. Ho avuto tante soddisfazioni. Se sono riuscita a raggiungere dei risultati vuol dire che qualcuno ha creduto in me e questo è anche il segno che ho fatto bene quanto mi veniva assegnato. Certo questo ha sacrificato una parte di me, la mia vita privata. Ora mi piacerebbe riequilibrare queste due componenti della vita»
Qual era il lavoro che avrebbe voluto fare da piccola? «Non ho particolari ricordi. Ho avuto un’infanzia serena, giocavo molto con mia sorella più grande solo di un anno. Anche lei di fatto oggi fa il manager. Lavora e vive a Roma e per questo Busto è rimasto il nostro punto di riferimento. Le mie radici sono lì».
Le manca il Varesotto? «Ogni tanto. È un posto ancora a misura d’uomo. In poco tempo si raggiungono mete meravigliose di grande pace. Posti che sono un mix di malinconia, silenzio, spiritualità. Mi piace molto camminare lungo queste località. Colline e laghi sono stupendi».
In questi giorni quindi sta riscoprendo la sua terra? «Sì e sono contenta che questa scelta sia stata apprezzata. Queste ville sono bellissime e anche gli alberghi scelti hanno un gran fascino. Mi sveglio alla mattina con il cinguettio degli uccelli e il lago ai miei piedi».
Come vede lo sviluppo del Varesotto? «Orientato sui servizi. Si è fatto un bel passo avanti, ma occorre ancora uno sforzo. Bisogna sapersi confrontare con una concorrenza agguerrita. Bisogna uscire da una mentalità provinciale. Sono piccole cose da fare, ma importanti per chi è abituato a fruire dei servizi e li conosce».
Si parla tanto di Varese come terra di turismo, come la vede? «Mah, sentendo i commenti di centinaia di partecipanti alla nostra kermesse si direbbe che qualche possibilità esista. Pochi conoscevano Varese come meta turistica. Questo fa ben sperare, però occorre anche qui darsi una mossa. Non si può andare sul lago di Varese che è bellissimo e poi non trovare un ristorante sulla riva»
Il team della Lancia è soddisfatto di esser venuto a Varese? «Sì e tenga conto che coordinare tanti alberghi con la location delle Ville Ponti e i diversi arrivi non è stato facile, ma siamo stati ripagati dalla bellezza dei posti»
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