Quelle strane creature che nessuno vuole
Prendo spunto dalla tragica morte di Davide Musci a Laveno per una riflessione ampia sulla condizione giovanile nella nostra regione. Non so se i giovani di qui sono molto diversi dai giovani di Madrid, Berlino o Parigi. A me pare che si assomiglino tutti in questa età così difficile dove non sono più bambini e non sono ancora adulti. Ma per le età difficili di solito ci vuole molta cura, come per i bambini piccoli o per gli anziani che non lasciamo (quasi mai) al loro destino. Certamente, dopo un fatto come quello di sabato, dove una bella persona, piena di vita, impegnata nel sociale, cade vittima del vuoto esistenziale di alcuni giovani che popolano la regione risulta difficile illuminare con uno sguardo benevolo la condizione adolescenziale e post-adolescenziale. L’impulso immediato è quello di prendere le distanze, spaventarsi, demonizzare il loro stile di vita, desiderare di emarginarli e cacciarli via dalla vita tranquilla della provincia e delle persone per bene, isolarli, rinchiuderli, costringerli ad altro se si potesse. Ed è quello che forse in molti fanno. Li guarderanno con ancora più diffidenza e timore. E in qualche modo hanno anche ragione. Un “gruppo-branco” alle prese con la ricerca di un senso da dare a delle dannate notti di provincia è capace di tutto: di inseguire la vita mettendola a rischio, di incavolarsi con il mondo prendendosela con chiunque attraversi il loro territorio, di chiedere alle droghe e all’alcool una via di uscita dalla noia e dall’omologazione proposta.
E’ quindi proprio in questo frangente che si richiede una riflessione più ampia e che coinvolga tutti: dalle istituzioni alle famiglie dalla chiesa ai partiti, dalle associazioni culturali e sportive ai singoli che vivono al loro fianco e chiamano la polizia quando le notti d’estate si sente una band rock che suona ad volume un po’ superiore al silenzio abituale. Girate per il territorio come fanno loro il sabato sera con l’auto: cosa vedete? Quali sono gli spazi, le attività, le icone che parlano dei giovani? Quali spazi sono loro dedicati? Quali attività sono pensate per loro? Chi li vuole queste strane creature un po’ paurose e un po’ misconosciute? Quale assessore se li attira nel proprio territorio? E poi ancora e prima di tutto: li conosciamo? Chi sono i giovani? Cosa vogliono? Cosa fanno nelle lunghe notti del fine settimana e cosa pensano della vita che gli viene offerta da noi adulti in questo contesto storico difficile da vivere per tutti dove edonismo e consumo divorano ogni forma del vivere associato? Vediamo parchi giochi per i piccolini, stadi per i più grandi, corsi di tutte le varietà per i più intellettuali, sale da ballo per anziani nelle ex scuole elementari dismesse per mancanza di bambini. E per loro? Dove sono le arene per i concerti di musica, gli spazi per incontrarsi, le piste di skateboard? Chi organizza per loro feste ed eventi nei lunghi e freddi inverni di provincia? Chi se li tiene e prova a raccontargli che ci sono anche altri modo di stare insieme? Pochi volenterosi, forse, tra cui probabilmente proprio questo giovane morto tragicamente. Allora forse la sua morte potrebbe essere un punto di partenza per conoscere i giovani, per riconoscere la differenza tra un “Gabber” e uno “Skater”, tra un “San Carlino” e un “Warriors”, tra un “Lercio” e bravo ragazzo figlio della borghesia di provincia. Quando avremo la voglia di occuparcene, forse scopriremo che, visti da vicino, sono meno mostruosi di quanto pensiamo e che forse la loro mostruosità è alimentata proprio dalla nostra indifferenza. Ci vuole una grande svolta da parte di tutti. I giovani di oggi ci chiedono attenzione, esistono e se non li ascoltiamo loro si fanno sentire come possono, con le forme più regressive e devianti che conoscono. Come un bambino che ignorato fa cadere un bicchiere dal tavolo, loro sono capaci di gesti tremendi per dirci il loro malessere. Ma ci vuole coraggio, molto coraggio per occuparsi degli adolescenti e i post-adolescenti perchè loro sono scomodi, goffi, talvolta aggressivi, maldestri, persi e bisognosi di dare un senso alla loro esistenza. Ci vuole coraggio per incontrarli, per capire le loro logiche e il loro stato d’animo. E dopo il coraggio ci vogliono risorse e tanta volontà, soprattutto da parte di coloro che hanno i mezzi per intervenire. Sarebbe bello che la morte di questo giovane serva a risvegliare l’attenzione per una fascia importante della popolazione. Non sono più gli extra-comunitari che ci fanno paura. Abbiamo imparato a conoscerli. Adesso dobbiamo occuparci tutti dei nostri figli, dei nostri vicini di casa, del figlio degli amici, che si veste strano, che parla strano e che va non si sa dove nelle profonde notti oscure a cercare un po’ di vita.
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