Maurizio Crozza, un cabarettista vero

Atteso soprattutto per le sue imitazioni, il comico genovese ieri sera ha recitato uno spettacolo a tutto campo di grande qualità

Maurizio Crozza non risparmia nessuno. Bush, la Fiat, Pavarotti,  il doping, Tremonti, l’evasione fiscale: tutto e tutti finiscono nella sua satira tagliente, devastante nella sua leggerezza. Pochi mesi fa si è esibito a Varese il suo amico Gene Gnocchi, facendo sorridere ma lasciando una specie vuoto a fine spettacolo, una sensazione di incompiutezza. Ieri sera Crozza invece è stato superbo, trascinante dall’inizio alla fine, tanto che persino dopo i bis il pubblico lo ha invocato (invano) di nuovo sul palco.

 

Vestito di nero con delle improbabili scarpe brillantinate che emanano riflessi argentei, entra a sorpresa da una porta laterale – sorprendendo il pubblico che sta ancora prendendo posto – e attacca con un serrato monologo sul Governo. Quando si apre il sipario e sale sul palco appaiono Davide Cesareo e Savino Belfiore, i due musicisti che spesso e volentieri gli fanno anche da spalla nelle sue gag.
In un’ora e mezza di spettacolo il comico genovese svaria su molti temi, alternando i suoi personaggi e le sue imitazioni alla recitazione in prima persona. Sui vari Friedman, Sacchi, Pavarotti e compagnia c’è poco da dire: Crozza si conferma uno dei più bravi imitatori italiani, forse il migliore. Possiede un’ottima mimica ma soprattutto è in grado di utilizzare più registri di voce anche molto differenti tra loro. Piacevole sorpresa invece il Crozza cabarettista classico, alla Paolo Rossi per intenderci. A suo agio coi tempi ed il ritmo del teatro, sfodera battute di qualità mai scontate, segnale di una certa cura dei testi come è raro vedere nei comici d’oggi modello Zelig, che raramente si spingono oltre il tormentone di turno

 

Da questo mix sapientemente dosato di imitazioni e recitazione in prima persona viene fuori uno spettacolo gradevole, fresco e frizzante in cui fanno capolino anche momenti di riflessione. Ogni tanto Crozza si lascia andare in monologhi duri contro il mondo attuale, violento ed individualista come ai tempi dell’uomo di Neanderthal. Bersaglio prediletto ovviamente sono i potenti della terra, da Bush a Berlusconi ai manager Parmalat nessuno escluso. Anche in questo caso il comico genovese dimostra tutta la sua abilità, riuscendo ad essere incisivo senza mai cadere nelle retorica, colpendo duramente senza andare troppo oltre.

Tra una risata leggera ed una amarognola lo spettacolo fila via veloce, con Crozza che spesso e volentieri ammicca e scherza col pubblico, fino al gran finale: un Guccini piuttosto alticcio che con chitarra in mano e bottiglia di fianco canta “Canzone della sinistra”, un dialogo tra Fassino ed un anziano militante sulle note de “Il vecchio e il bambino”. Nei bis invece Crozza, su richiesta del pubblico, concede la new entry Marzullo e l’evergreen Serse Cosmi. Sono quasi le undici e la carrellata di personaggi è stata davvero impressionante – doveroso citare anche un Elton John al pianoforte imitato perfettamente in ogni singolo particolare, dagli abiti alle espressioni del viso – ma il pubblico vuole di più e rimane qualche minuto ad attendere invano seduto sulle poltroncine. Un distinto signore in camicia e cravatta si alza e se ne va con un accenno di magone: «Peccato, non ha fatto Frankie Minchia…». Pazienza, sarà per la prossima volta.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 30 Aprile 2005
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