Noi gufi e cretini
Il nostro territorio deve un grande grazie a monsignor Stucchi e ai genitori di Claudio Meggiorin.
La loro forza, la loro energia, il loro dolore ha disinnescato una miccia che portava a una carica esplosiva spaventosa. Monsignore prima, con un’omelia coraggiosa, dai toni fermi, ma pieni di speranza e la partecipazione poi della mamma, della sorella e del papà di Claudio alla manifestazione per le vie della città sono due esempi di grande intelligenza e umanità.
Varese ha tirato il fiato. Oggi possiamo dirlo con maggiore serenità. Non abbiamo mai assistito a una partecipazione dei lettori così forte come in questi quattro giorni. C’era una tensione, una paura palpabile per quello che sarebbe successo dopo i funerali di Claudio.
Non sappiamo se quelli arrivati a Varese da diverse città d’Italia fossero tutti suoi amici. Ne dubitiamo molto, ma Gianpaolo Meggiorin ha capito che se lui in prima persona non avesse fatto qualcosa di concreto il ricordo di suo figlio e tutta l’energia che un giovane di 23 anni può lasciare sarebbe stata calpestata, dispersa, o peggio, canalizzata in un circuito fatto di violenza.
Tiriamo tutti un respiro di sollievo e questo ci permette anche di poter iniziare a ragionare con analisi più serie su quanto successo.
“Varese non è una città razzista, ma qualcuno ha fatto di tutto per dimostrare il contrario” afferma Saverio Clementi, direttore di Luce. Mai parole sono più precise per descrivere una situazione.
Chissà quanti di noi saranno saltati sulla sedia guardando e ascoltando Primo piano la sera di giovedì. Lo scontro tra il professor Domenico De Masi e Gianluigi Paragone, direttore della Padania non ci ha fatto onore.
Il quotidiano della Lega esce oggi con una prima pagina che deve far riflettere. “Gufi e cretini sono serviti”.
Ecco come farsi del male da soli.
Chi lascia rappresentare così il nostro territorio? Perché molti dirigenti leghisti che hanno posizioni di grande interesse e rispetto restano in seconda fila e si deve far passare questa trivialità in tutto il paese? Non si può fare di episodi come quello di Besano un teatrino per accaparrarsi la simpatia di qualche scalmanato. Ogni dirigente, nel proprio specifico ruolo ha una responsabilità enorme e non può sottrarsi a questa. Nei giorni scorsi abbiamo sottolineato l’importanza dell’unità e della fermezza e andiamo fieri di questa posizione. Non abbiamo avuto alcun dubbio tra ragioni e torti. C’è la vita spezzata di un giovane a ricordarcelo.
Abbiamo lodato i vertici della Provincia per un atteggiamento attento anche se sul filo del rasoio. Abbiamo lodato il lavoro delle forze dell’ordine, preciso, discreto, di grande professionalità. Abbiamo stigmatizzato quanti facessero subito con facilità l’equazione Varese=terra di razzisti.
Ma torniamo a dirlo a voce alta. Per rispondere per le rime a chi attacca la nostra terra, sia con messaggi mediatici, sia con fatti grezzi, occorre avere le carte in regola. Se non tutte almeno quelle principali. Qualcuno bara o bleffa e non ce lo possiamo permettere perché quella che si gioca non è una mano di pocker, ma la partita della convivenza civile. Solo con una forte coesione sociale e con regole certe per tutti possiamo pretendere che ognuno, anche chi parte svantaggiato, debba accettare quanto offre la nostra civiltà. Allora non sarà certo una questione di etnie, ma di rispetto. Allora potremmo diventare inflessibili, sapendo comunque che “non c’è cosa più ingiusta che fare le parti uguali tra disuguali”. Ricordiamocelo bene perché spesso sembra non toccarci questo problema, ma invece è il centro della questione. In questo paese sono ancora i più deboli a pagare, da una come dall’altra parte.
Questo, a suo modo, con un dolore che gli strazierà il cuore Gianpaolo Meggiorin l’ha compreso. Vogliamo ricordarlo a tutti perché ci aiuti a guardare con più speranza, più coraggio quello che c’è da fare per ricordare nel migliore dei modi suo figlio.
E non è della clandestinità che dobbiamo aver paura, ma delle nostre piccolezze e miserie intellettuali.
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