I Giovani Padani invadono Varese
Oltre mille giovani al Teatro Apollonio per il quinto congresso nazionale
Giovani, anche giovanissimi, cresciuti a grappini e filosofia del “diamo a Cesare quel che è di Cesare”.
Ecco lì i Giovani Padani, quelli che non si riconoscono per strada, che non hanno la testa rasata o il foulard palestinese attorno al collo. Sono in tanti al Teatro Apollonio e lo dicono, lo gridano, anche loro: “né neri né rossi ma liberi con Bossi”. Applaudono, cantano slogan, saltano come se fossero allo stadio davanti ai loro leader, Giorgetti, Maroni, Castelli e lui, Umberto Bossi, tutti riuniti per il congresso dei Giovani Padani a Varese.
Un evento, non c’è che dire, che farebbe invidia a tanti altri partiti un po’ “stantii”. Le giovani leve della Lega ci sono e sanno esattamente che cosa vogliono; è tutto molto semplice: matrimoni “normali”, tra uomini e donne, fuori i musulmani dal Paese («perché noi siamo la civiltà loro l’inciviltà», Matteo Salvini, europarlamentare), una Padania libera indipendente e sovrana e poi, già che ci siamo, un «vero Tg in lingua padana per conservare, promuovere e difendere l’identità e la cultura padana e salvarla dall’invasione islamica» e una scuola padana fatta da professori lombardi.
I relatori del quinto congresso nazionale dei Giovani Padani sono tantissimi, volti noti e meno noti. Solo i coordinatori provinciali e nazionali invitati a parlare sono una ventina, ma loro non mollano: bandiere in pugno, striscioni, magliette e bandane verdi non si perdono una dichiarazione e le sottolineano con applausi, urla e slogan.
D’altro canto neppure chi sale sul palco si risparmia: tutti gridano forte e chiaro il loro pensiero e, se necessario, lo rendono più colorito con qualche “imprecazione nostrana”.
Parla del diritto alla legittima difesa, l’europarlamentare Salvini: «Se qualcuno minacciasse me o i miei figli non vedo perché non dovrei difendermi» e conclude incitando i Giovani Padani riuniti al teatro di Varese: «In mille hanno fatto l’Italia, noi che siamo più di mille perché non dovremmo riuscire a disfarla?». E scrosciano applausi.
Poi è la volta del ministro del Welfare Roberto Maroni, maglione arancione e fazzolettino padano legato al polso; chiamato in causa da Salvini rilancia: «Federalismo e indipendenza Padana non sono mai state accantonate; i ministri della Lega al governo sono tre e si fanno un mazzo così…ma agli altri della Padania non interessa niente. Non è facile fare politica così, se c’è qualche volontario si faccia avanti. Noi con Casini, con Fini che propone il voto agli immigrati, non abbiamo nulla a che fare ma è una sfida, una scommessa. Un conto è il progetto strategico studiato da Bossi un conto è la strategia per raggiungerlo. La Lega è e resta autonoma e indipendentista».
Poi è la volta della “sindacalista” Rosi Mauro, unica donna chiamata a testimoniare la fede padana, e lo fa con grinta e determinazione, ma è con l’ingresso di Bossi che il teatro s’infiamma.
Il senatur arriva dopo il ministro della giustizia Castelli, sale sul palco e i Giovani Padani lo acclamano: è un tripudio di bandiere e cori. “Non mollare mai…”, “Padania libera”, “Roma ladrona, la Lega non perdona” e via di seguito. Poi Bossi parla di politica, della campagna elettorale, dei rapporti con Berlusconi e della sua malattia.
«Sarà una campagna elettorale difficile – dice, in piedi, dal palco, parlando con fatica – ma stiamo facendo accordi importanti. Berlusconi sbaglia ad apparire in continuazione in tv e attaccare gli altri, sarebbe meglio parlasse degli argomenti giusti che sono la famiglia omosessuale, il voto agli extracomunitari».
Poi un accenno al suo stato di salute, quando i “suoi ragazzi” urlano “Non mollare mai”: «Tempo fa ho detto a mia moglie che ero stanco, che avrei voluto lasciare, ma lei si è incazzata e mi ha chiesto se ero matto, con tutto il lavoro che avevo fatto!» «Io non mollo – ha aggiunto – io sto bene e sono forte». Ancora un accenno alla magistratura eletta dal popolo e poi Bossi si siede per lasciare il “podio” al nuovo coordinatore nazionale del Movimento Lombardo Giorgio Guicciardi di Sondrio, nominato per acclamazione generale. A Guicciardi, che prende il posto di Igor De Biasio, il compito di spiegare quali saranno le vie da seguire, tra le altre cose, appunto, una scuola e una tv padana e poi tutti in piedi a intonare il “Va’ pensiero”.
Quindi i Giovani Padani escono e sfilano per le vie del centro a vendicare il torto subito: dalle aiuole del centro, tempo fa, è stato tolto il simbolo dei celti, il sole padano e loro, più di mille ragazzi, vanno in corteo a rimetterlo. Due bandiere appoggiate sulle aiuole tra urla e applausi.
La politica si fa anche così, come ha detto il ministro Castelli: con il cervello e con il cuore.
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