«Non è progresso quando migliaia di persone muoiono sulle strade»

Teatro gremito di gente per l’incontro con Don Luigi Ciotti sulla sicurezza stradale, organizzazione dall’”Associazione di famigliari vittime per una strada che non c’è”

Auto devastate degli incidenti, lenzuoli bianchi sull’asfalto. Immagini choc che, accompagnate della musica di “Canzone per un’amica” di Guccini, hanno aperto il convegno sulla sicurezza stradale che si è tenuto venerdì mattina al cinema Teatro Nuovo di Abbiate Guazzone a Tradate. Il teatro era gremito di studenti delle superiori della città che hanno ascoltato, oltre le testimonianze dei numerosi relatori, anche Don Luigi Ciotti, conosciuto soprattutto per la lotta alla mafia, ma intervenuto al convegno per far sentire la propria voce ai giovani.
«La strada è vita – ha dichiarato Don Ciotti -, per 109 volte viene citata nel Vangelo come forma di festa e luogo di aggregazione. Oggi è luogo di morte, si deve tornare a farla vivere, con coscienza e coraggio. Non si deve dar ascolto a chi insiste nel dire che le auto sono lo status symbol dell’uomo. Noi siamo quello che facciamo e la vita non ha bisogno di altro. Dobbiamo tornare ad avere la capacità di indignarci, e non per moda, come spesso accade: ci si indigna e poi basta, non si fa più nulla. Cari ragazzi – ha detto deciso don Ciotti – dovete provare disgusto, non può essere progresso quello che vede migliaia di persone perdere la vita ogni anno sulle strade o nei posti di lavoro. La strada come comunicazione positiva deve tornare a vivere, e voi avete la possibilità di farlo».

Il convegno, organizzato dall’”Associazione famigliari vittime per una strada che non c’è” e moderato dal dirigente scolastico Adriana Battaglia, ha visto anche la partecipazione del sindaco di Tradate, Stefano Candiani, del vicario episcopale di Varese, Monsignor Luigi Stucchi, fino a qualche anno fa parroco della città, Paolo Nocera della Motorizzazione di Varese, e Aldo Tubiana ed Ernesto Restelli dell’associazione organizzatrice.
«Mio figlio aveva 26 anni quando è stato investito da un auto mentre andava in bicicletta con gli amici – ha raccontato Tubiana trattenendo a stento le lacrime -. Quando una famiglia perde un figlio, questa famiglia è distrutta, niente è più come prima. È difficile credere ancora in un futuro. Ci appelliamo alla vostra sensibilità, non fatevi portavoce della sottocultura della velocità. Non ci sono parole per descrivere quello che prova un genitore che accompagna il proprio figlio all’ultima dimora». «La vita è un filo, è vero che è una frase fatta – ha aggiunto Restelli -, ma spesso si dimentica che a questa vita sono legati innumerevoli altri fili. Quando questo filo si spezza, si spezzano anche gli altri. Noi non vogliamo altri banchi vuoti nelle scuole ed è per questo che siamo qui, che continuiamo a lottare. Per il vostro futuro».

«Sono addolorato di essere presente qui oggi – ha aggiunto il vescovo Stucchi, da sempre appassionato di auto e motori – perché avrei voluto che questo incontro non fosse necessario. Confesso che i motori mi hanno sempre attratto molto, possono sprigionare una potenza nascosta che dà un’ebbrezza al cuore, fino ad arrivare al desiderio di dominazione della macchina. Ma non è un desiderio giusto. Si arriva a creare quella condizione ambigua per cui si pensa di essere più forti del motore, indistruttibili. Ebbene, bisogna sapersi fermare. Io ho dovuto farlo: provavo molte auto, me le facevano provare, anche volentieri, perché chi mi conosceva sapeva della mia passione. Ma ho detto anche di no. Lo potete fare anche voi. In passato mi venne detto di celebrare la messa sempre come se fosse la prima volta e con la consapevolezza che potrebbe essere l’ultima. Lo stesso vale anche per le automobili e la strada. Per fermare la strage basterebbe quanto già accaduto, non serve un altro pianto».

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Pubblicato il 16 Novembre 2007
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