La fabbrika, il caos e il silenzio di Stato

Il rave party a Vedano Olona è ormai finito e un raver, LuKa, spiega a chi non ha capito lo spirito dell'evento cosa sta dietro una festa non stop

Egregio Direttore,
scrivo in relazione a quanto accaduto in questi giorni nella zona del ponte di Vedano, dato che i 500 caratteri di commento mi risultano estremamente limitanti. Tengo a quelle strutture ormai abbandonate al degrado più totale un po’ come se fossero parte di me, e tornarci e vederle cariche di vita mi ha dato una "presa bene" che neanche si può immaginare. Non è questione di uso e abuso o di recupero di un’area dismessa, è questione di buon senso.  
Si spendono tonnellate di parole riguardo ai rave, ma spesso neppure chi si autoproclama raver sa di che parla. Il rave è primariamente un movimento nichilista di disagio e di protesta. Nichilista perchè votato al nulla, perchè non ha come obiettivo quello di cambiare le cose o di risolvere problemi ma si pone come unico obiettivo quello dell’essere in un determinato istante, è la rivendicazione di una libertà che non viene garantita.
E non è da intendersi la libertà dello strafarsi, o della libertà di ballare per tre giorni, è libertà in un senso più ampio, la liberazione dal caos di una vita che non risponde ai nostri desideri che si attua nel nulla della droga e della musica.
 
Questo movimento ha una grandissima forza dentro di sè, lo stato dovrebbe comprenderlo e guidarlo, accoglierlo prima che il nulla lo divori e lo privi del suo significato. Perchè è un movimento curioso e che ricerca, ma che rischia fortemente di perdersi del tutto in un malessere a cui non viene mai data una risposta. Nel popolo dei raver non ci sono solo punkabbestia, ci sono anche moltissimi laureati, tanti occupano posizioni di un certo rilievo e prestigio nelle loro aziende, non sono tutti dei buoni a nulla … il fatto è che quando alla posizione ed alle responsabilità si risponde con quattro soldi l’incazzatura un po’ ti viene. E chi lavora come me nel mondo dei lavori "creativi" sa che il mercato è famelico, solo pochi ce la fanno, e per farcela devono scendere a patti con stipendi ridicoli. Per non parlare di chi poi non ha neanche la fortuna di un lavoro soddisfacente. Ma non andiamo fuori tema.
 
La cosa che mi fa ridere è la reazione di chi è ostile a queste cose: lo stato non può e non deve fare nulla in opposizione, lo stato deve fare in cooperazione. Sapete cosa vuol dire intervenire già su poche centinaia di persone? Persone che oltretutto non reagirebbero mai a violenza con violenza ma con un ghandiano restare sul posto, ballare e non fermarsi mai? Ha una morale chi proclama cariche e manganelli contro una massa di persone?
 
Queste persone dovrebbero tenere presente che una cosa del genere è illegale molto più del rave in sè e per sè. Esistono procedure specifiche per i casi particolari, ma sono da ritenersi eccezioni nel panorama legislativo italiano che è sostanzialmente non violento, cosa di cui sono estremamente orgoglioso.
 
Poi una risata in faccia la voglio dedicare a chi si lamenta delle cacche. Già, proprio quelle cose marroncine che regolarmente produciamo tutti noi ed è forse la cosa meno inquinante tra tutte le schifezze che possiamo produrre. Sapete che in uno dei capannoni dello stabilimento (il più malmesso, che non è stato usato dagli impianti sonori per il buon senso dei raver) sono presenti tonnellate di aminato in fase di deterioramento avanzato, mercurio che se la gira in totale libertà, schiume e sostanze chimiche non meglio identificate, il tutto a due passi dal fiume Olona … ma tanto mi sa che quello ormai è morto da tempo.
 
Io una denuncia la vorrei fare sì al comune di Vedano, non a questo sindaco, ma all’amministrazione in genere, e alla provincia di Varese, che nulla ha fatto per evitare uno scempio ecologico che per chiunque abbia un minimo di sensibilità è un crimine contro l’umanità, contro il nostro futuro e i nostri figli.  
La soluzione per le aree dismesse è assegnarle ad associazioni che si impegnino ad un recupero graduale dell’area e ad utilizzarle con uno scopo sociale. Un centro sociale è anche fare festa, ma non si limita ad aprire un locale per qualche serata a settimana: un centro sociale opera ed agisce nel quotidiano, un centro sociale opera per il benessere della collettività nel senso più ampio del termine. Un centro sociale offre soluzioni a chi non ne ha, è mensa, è un tetto, offre servizi a studenti e lavoratori, è luogo di incontro e scambio dtra culture. Un centro sociale non è tale per il segno politico, bensì per ciò che fa. Ma in questo mondo-mercato le aree dismesse sono solo potenziali centri commerciali.
 
Io ormai a Varese non ci sto più, l’ho lasciata con tanti rimpianti ed un carico di amarezza che mi porterò dietro per tantissimo tempo. Ma Varese resterà sempre la mia città, il luogo in cui sono nato e cresciuto, e il luogo che più mi da serenità, con i suoi spazi verdi e i mille ricordi … peccato solo per la cultura dominante di questi luoghi. Peccato davvero.
 
Un saluto di cuore a tutta la mia città,
LuKa (chi mi conosce saprà chi sono)

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 03 Gennaio 2008
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