“L’accordo c’è. Adesso Fiat cacci i soldi”

Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, è a Varese per l’assemblea dei metalmeccanici. È stato tra i firmatari dell'accordo con la Fiat a Pomigliano. «I sindacati devono cambiare perché è cambiato il mondo»

Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, è in viaggio verso Varese dove giovedì si terrà l’assemblea dei metalmeccanici della Uil. Ha appena vissuto da protagonista una delle vicende che entreranno nella storia del sindacato: l’accordo di Pomigliano siglato con la Fiat. Su quel pezzo di carta c’è la sua firma e tutto il peso della responsabilità di un divorzio epocale con la Fiom. Il referendum tra i lavoratori ha dato ragione ai firmatari dell’accordo, non con una maggioranza bulgara (62% contro il 36%) ma sufficiente a dare l’avvio alla rinascita dello stabilimento Fiat di Pomigliano.

Palombella,  quando si è deciso a firmare l’accordo con Fiat?

«È stata una trattativa dura e difficile. Pensavo che Fiat bluffasse e così ho impostato una trattativa convinto che alla fine avrebbero rinunciato. L’ultimo giorno delle trattative alle 18 e 50 ho visto che si alzavano dal tavolo, alle 19 avevano l’aereo. Ho sentito tutta la responsabilità della situazione e ho preso in mano la situazione intimando: “voi da qui non vi muovete perché se non usciamo con un accordo sarà un disastro per un territorio così importante”. A quel punto di fronte al diniego della Fiom io e il collega della Fim abbiamo giocato la carta del referendum».

Il referendum, seppur con una maggioranza risicata, vi ha dato ragione. Ora cosa succede?
«Fiat deve cacciare i soldi subito ed essere consequenziale all’intesa raggiunta. Senza tentennamenti, perché la Fiat non ha più alibi. I lavoratori hanno accolto una richiesta con una percentuale non bulgara che però è sufficiente. Bisogna fare in modo che gli investimenti partano, perché da quando partono gli ordini passano 18 mesi e noi chiederemo che vengano fatti subito in modo che gli investimenti siano esigibili. Solo così tutto il sistema riparte. Bisogna anche predisporre un piano di formazione, perché i lavoratori sono fermi da due anni che rischiano di diventare quattro, aspettando che tutto si metta in moto».

Marchionne avrebbe preferito una percentuale più netta. Questo potrebbe rimettere in gioco l’ipotesi di una Newco, una new company, cioè una nuova azienda che racchiuda solo la parte sana della vecchia azienda, come è già accaduto con Alitalia?

«L’ipotesi della Newco era già stata avanzata in trattativa e aveva rappresentato durante il preaccordo una preoccupazione che avrebbe logorato i rapporti tra noi e l’azienda, ma anche tra le organizzazioni sindacali. Penso che Fiat non debba farla e sa che è un percorso che noi non condividiamo».

Emma Marcegaglia, all’assemblea degli industriali di Varese, ha detto che a Pomigliano non erano in gioco i diritti dei lavoratori. Non avete sacrificato nulla?

«Guardi che in questa partita l’unico sacrificio è stato Termini Imerese, perché lì sì che c’è un’uscita della Fiat che porterà la Ypsilon in Polonia. La Marcegaglia ha ragione: noi abbiamo firmato perché la posta in gioco è un investimento di 700 milioni di euro e 20 miliardi per gli altri stabilimenti. Tutto il resto non c’entra nulla. L’unica cosa che conta è che con questo investimento una comunità di migliaia di persone tornerà a vivere e lavorare».

Fiom sostiene che sono stati sacrificati i diritti dei lavoratori.
«Se non accettavamo, i lavoratori rimanevano in mano solo con i principi, che sono rimasti immutati in questi ultimi due anni. Pensi un po’, i lavoratori avevano il contratto, i diritti e i principi, ma non lavoravano. Gli altri stabilimenti, Mirafiori in testa, non devono dare la solidarietà a Pomigliano, ma a Termini Imerese. La verità è che a Pomigliano in una fase di contrazione del mercato si fa un investimento importante che realizzerà un polo dell’automobile all’avanguardia».


Voi, quindi, rivendicate una differenza nella rappresentanza rispetto alla Fiom?
«Certo. Fiom non concede nulla, difende il contratto collettivo nazionale ma poi non li firma e non li rinnova. Come se fossero strumenti statici, immutabili perché i principi che difende sono politici, tanto che ha ricevuto solidarietà solo dalla sinistra. Chi ha votato a favore dell’accordo è gente di buon senso, sono lavoratori che non vogliono vedere la propria fabbrica chiudere. Quanto puo’ durare una condizione di assistenza? Noi abbiamo fatto un accordo che difende una prospettiva di lavoro, perché riteniamo che i contratti non devono rappresentare un freno all’impresa e allo sviluppo. Le piccole imprese non crescono per evitare l’ingresso del sindacato in azienda».

Michele Graglia, presidente degli industriali di Varese
, nella sua recente relazione ha parlato di metamorfosi che deve avvenire a tutti i livelli. Nel sindacato è in atto una metamorfosi?

«Questo accordo dimostra di sì. Il contratto non deve difendere i privilegi ma tutelare i lavoratori. Il sindacato si deve adeguare a quelle che sono le situazioni di contesto e quindi tutelare i nuovi lavoratori perché è il lavoro che è cambiato, il mondo è cambiato, e se non siamo in grado di fare quella metamorfosi, anche noi rappresenteremo solo nicchie di lavoratori. Io la mia metamorfosi l’ho iniziata alle acciaierie Riva di Taranto. Avevamo 10 mila iscritti e dopo una contrapposizione profonda tra noi e la proprietà siamo arrivati a 1500 lavoratori e la Fiom è stata spazzata via».

Lei che partito vota alle elezioni?
«Io ho sempre votato a sinistra, ma la politica mi ha nauseato e preferisco fare il sindacalista».

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Pubblicato il 23 Giugno 2010
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