La partita dell’Italia vista a Cape Town

Ettore Grancini ci racconta come la comunità italiana ha vissuto il match tra Italia e Paraguay, tra vuvuzelas, bandiere e un mondo multicolore e multietnico

Ed ora tocca a noi, forza ragazzi. Ci si prepara nel pomeriggio alla prima partita degli azzurri a Cape Town. Telefonate agli amici italiani per il ritrovo, su cosa fare e come andare allo stadio. La giornata non e’ delle migliori, pioggia incessante dalla mattina e, addiritura, sui rilievi e’ comparsa la neve, completamente in anticipo. Beh, sembra che la serata non inizi nei migliori dei modi. Parcheggio, panino volante e via con bandiera e compagnia in festa, lo stadio apre i cancelli, ma aspettiamo ad entrare. Siamo curiosi e ci fermiamo a vedere i vari tifosi che arrivano. Quello che ci sorprende subito e’ la quantita’ di persone non nostre connazionali, con le rispettive bandiere, che stanno arrivando. Inglesi, messicani, sudafricani, addirittura vediamo delle bandiere statunitensi, coreani e cinesi. Finalmente arrivano dei pulman e capiamo che la maggioranza degli italiani si e’ organizzata in gruppi e stanno arrivando compatti. Pero’ non e’ la massa che ci aspettavamo. Al contrario la rappresentanza del Paraguay e’ abbastanza nutrita, e, in stile sudafricano, molto vociante e cantante. Si entra ed e’ subito una festa di colori, vuvuleza immancabili che strombazzano, bandiere al vento, anche se molto bagnate per la pioggia che non ci abbandona. Qualche timido acceno a hoola, poi si parte. Le prime emozioni sono di terrore quando la nazionale del Paraguay attacca. Poi la partita non entusiasma, infatti anche il tifo non e’ dei piu’ chiassosi, vuvuleza tralasciando. Ma ecco la doccia gelata : goal dei sudamericani, con conseguenza grande festa dei loro supporter e di quelli neutri, anche se la maggioranza tifa per l’ Italia, e silenzio assoluto da parte nostra, a fissare quel pallone in rete, infrangendo le nostre speranze di fare festa fin dall’ inizio. Intervallo. Ecco l’ omino con le bibite calde, e anche se il caffe’ e’ acqua colorata, e’ una manna che aiuta nella notte gelida e piovosa. Al rientro delle formazioni non c’e’ Buffon. Sugli spalti si fanno le diagnosi cliniche piu’ disparate per capire cosa sia successo. Si ricomincia. Si cerca di rincuorare i ragazzi, qualche accenno di tifo, ma lontano da quello che siamo abituati a sentire negli stadi italiani, qui di tifo organizzato neanche l’ ombra. Ed ecco finalmente il goal liberatore, gioia degli italiani, soprattutto per la comunita’ qui residente. Poi non molto fino alla fine. Quando si esce sembra che la festa sia finita, e noi, abituati al tifo dei Bafana Bafana, chiassoso, felice, danzante anche con un pareggio, ci rimaniamo male. Sembra che I nostri connazionali non abbiano quello spirito di festa caratterisrico di una campionato del mondo, dove popoli e culture diverse si incontrano per un evento festoso. Con le bandiere avvolte salgono quasi silenziosamente sui pulman, il corteo che nella zona obbligatoria pedonale riporta in citta’ non fa festa, parla solo con commenti tecnici, sento tanti allenatori non condividere alcune scelte di gioco. Allora ci fermiamo a ristorarci in un pub, ed ecco la festa ricomnciare, sento musica, vedo tricolori, gente varipinta e festosa. Ma quando entriamo ci accorgiamo che sono messicani, quindi con la nostra bandiera, ma con il loro simbolo nel mezzo. Poco male, qualche italiano si lascia andare e si fa contagiare dalla festa. E che cavolo, e’ stata solo la prima partita ed e’ finita con un pareggio: forza, la festa continua.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Giugno 2010
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