Besi e Federico in visita al “Miogni”

I due esponenti radicali hanno visitato la struttura e hanno stilato una vera e propria relazione sulla situazione del penitenziario. Bene il trattamento nei confronti dei detenuti, male l'inserimento lavorativo e il rapporto detenuti per mq

Valerio Federico (Comitato Nazionale Radicali Italiani) e Sergio Besi hanno visitato la struttura carceraria varesina dei Miogni ieri, martedì. I Radicali stanno promuovendo in Lombardia visite ispettive nelle carceri per monitorare le condizioni di vita dei detenuti e il rispetto della legalità.

Ecco quanto da dichiarato da Federico e Besi:

"La visita al carcere di Varese è stata caratterizzata dalla peculiarità di trovarsi di fronte ad un carcere fantasma, formalmente “dismesso”. Risale infatti al 2001 la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’atto di dismissione della struttura penitenziaria varesina, ma da allora della nuova struttura che avrebbe dovuto essere realizzata al suo posto non vi è traccia, se non in fiumi di articoli di giornale e dichiarazioni di politici (nel 2004 il ministro Castelli annunciava la costruzione, nel tempo record di 5 anni, di una nuova struttura con la formula del leasing). Nel D.M. 30 gennaio 2001, in attuazione del comma 34 dell’art. 145 della legge finanziaria 2001, si legge che la casa circondariale di Varese e altri 20 istituti penitenziari sono stati “dismessi” in quanto “strutturalmente non idonei alla funzione”. Ad oggi, come confermato dal direttore Mongelli, non pare essere stato individuato nemmeno il sito del nuovo carcere, e nel vecchio, ufficialmente “dismesso”, non si può che operare in condizioni di illegalità a scapito di agenti, operatori e detenuti.

Il paradosso di questa empasse burocratica tipicamente italiana è ben rappresentato dalla prima immagine che il visitatore si trova di fronte all’ingresso, un muro di cinta decrepito e dichiarato formalmente inagibile (e quindi messo in sicurezza con tanto di ponteggi) ma che è destinato a restare tale in quanto alle carceri dismesse non vengono assegnati fondi per l’effettuazione di lavori straordinari e/o di adeguamento alle nuove prescrizioni vigenti in materia di edilizia penitenziaria. Le torrette di controllo sono a loro volta inagibili e quindi non utilizzate dagli agenti. A questo riguardo ci chiediamo se sono mai state necessarie nel garantire la sicurezza visto che da tempo se ne fa tranquillamente a meno.

Il carcere versa nel complesso in condizioni leggermente migliori rispetto ad altri Istituti della Lombardia ma questo non può consolare, l’illegalità è patente. Le celle, di 8/10 metri quadri, escluso il bagno e compreso lo spazio occupato dai letti a castello, non garantiscono, nei numerosi casi di presenza di 3 detenuti, i 3 metri quadrati (calpestabili) fissati dalla Corte europea per i diritti dell’Uomo, figuriamoci i 7mq per ogni detenuto stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Il bagno è correttamente separato dal resto della cella da parete e porta, ha un WC alla turca e un lavandino.
Le celle sono disposte in un unico corpo con struttura a ballatoio: il piano terra ha 14 celle, il primo e il secondo piano 15 celle ciascuno. I due piani superiori sono serviti da stretti ballatoi (basta il carrello del cibo per ostruirli interamente).

Il problema del sovraffollamento pur costituendo un ulteriore elemento di illegalità è meno drammatico che in passato: la capienza regolamentare corrisponde a 53 posti, quella massima tollerata è di 90, quella effettiva registrata oggi è di 107 detenuti, un valore tra i più bassi registrati negli ultimi 10 anni ma comunque doppio rispetto a quello regolamentare.
L’unico spazio fruibile per il passeggio è un piccolo campo di calcetto completamente asfaltato e in gran parte esposto al sole (attrezzato anche per basket e ping-pong). Il rapporto tra agenti effettivi e detenuti (60/107) è quindi oggi accettabile se raffrontato a quello degli altri Istituti di detenzione regionali e nazionali.

Il periodo che i detenuti possono trascorrere fuori dalle celle è in linea con gli standard indicati dal Comitato Europeo per la prevenzione della tortura (che prevedono un minimo di 8 ore al giorno) e buona è anche l’offerta di corsi di formazione offerti ai detenuti. Si segnala a tal proposito anche un qualificante corso di saldatura, al termine del quale i detenuti hanno realizzato la griglia di protezione della rampa interna delle scale. Un dato estremamente negativo è invece quello relativo al numero di detenuti che lavorano all’interno del carcere (solo una decina) che dimostra come la rieducazione del detenuto prevista dal nostro ordinamento non è perseguita. Lo strumento principale a questo scopo, il lavoro, non è utilizzato. La vetusta struttura (risale al 1886) è il principale ostacolo all’opportunità lavorativa per il detenuto.

Desta forte preoccupazione l’elevato numero di detenuti tossicodipendenti o alcoldipendenti, ben 43 su 107, risultato di leggi criminogene che equiparano di fatto dei tossicodipendenti a pericolosi spacciatori.
Come era lecito attendersi vista l’impossibilità di apportare ampliamenti o modifiche agli edifici, come rilevato in passato, gli spazi dedicati alla socialità sono insufficienti (e vengono utilizzati all’occorrenza anche per altri scopi, es. per i colloqui), anche se è da segnalare l’assegnazione e l’allestimento di un piccolissimo locale ad uso palestra.

Novità in chiaroscuro a livello sanitario: certamente positiva l’introduzione di una assistenza odontoiatrica nel carcere, apparentemente invece insufficiente la possibilità per i detenuti di accedere a cure specialistiche in tempi ragionevoli (fatta eccezione per quelle garantite ai detenuti tossicodipendenti e psichiatrici). E’ stato consegnato al direttore della struttura un questionario predisposto dai Radicali del Gruppo Carceri e Giustizia di Milano

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Pubblicato il 21 Luglio 2010
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