Fabiola ha la sindrome di Down, costa troppo per la finanziaria
Una clausola della manovra economica proposta dal Governo potrebbe togliere l'assegno di accompagnamento a chi soffre di sindrome di Down. Ecco come cambierebbe la loro vita
Attività quotidiane per tutte le ragazze di 25 anni, ma che per Fabiola sono un lusso, almeno secondo il nostro governo. Perché Fabiola ha la sindrome di Down, e il rischio è che con la nuova finanziaria non possa più avere l’assegno di accompagnamento. Una "corposa" indennità da 450€ al mese con la quale, secondo lo stato, il disabile potrà pagare qualcuno che lo segua e lo assista 24 ore al giorno. Devono essere capaci di fare ottimi affari per pagare qualcuno 450€ al mese, questi disabili.
Dato che un soggetto affetto da sindrome di Down può vestirsi, lavarsi e andare in bagno da solo, secondo lo stato sarebbe un disabile di "serie B", quindi con l’anno nuovo niente sprechi, niente assegni di accompagnamento. Ma dopo essersi vestito e lavato, questo disabile, cosa farà? Se l’Italia fosse un paese capace di accogliere e integrare tutti, il problema non si porrebbe. Ma non è così: quindi Renzo Dalle Fratte deve spendere l’assegno di accompagnamento da 450€ al mese per pagare le attività che sua figlia svolge alla Finestra di Malnate.
«Noi siamo in una condizione più fortunata», spiega Renzo Dalle Fratte, «Possiamo permetterci comunque questa struttura, già ora alcune famiglie meno abbienti sono costrette a tenere proprio figlio in casa». Come accadeva negli anni ’60, quando si pensava ci fossero meno disabili e invece c’erano ma non si vedevano, perché i genitori preferivano tenerli in casa. Quando i problemi si nascondevano, ma c’erano lo stesso. E per chi soffre di sindrome di Down il contatto con le persone è l’unico modo di vivere con dignità la vita: «Interrompere abitudini come queste, togliere questi servizi», spiega Renzo, «Sarebbe destabilizzante».
L’assegno di accompagnamento, quindi, non è un aiuto che lo stato dà ai più deboli. È l’aiuto che uno stato inadeguato dà a sé stesso: «Dopo la scuola non c’è nulla», spiega Renzo Dalle Fratte, «Alcuni portano persino i figli alle superiori solo per tenerli "impegnati". In stati come la Svezia il portatore d’handicap viene seguito dalla nascita fino a tutto il percorso della vita, qui c’è un vuoto e devono essere i genitori a selezionare e pagare delle strutture private realmente adeguate alle esigenze del singolo». Le promesse di strutture d’accoglienza, anche qui in Lombardia dove i servizi sono migliori, non sono reali: per dare veramente dignità alla vita le uniche strutture esistenti sono quelle private, e le famiglie con un portatore d’handicap devo concedersi il lusso di farlo vivere.
Esigenze che poi proseguiranno anche quando i genitori non ci saranno più: un gigantesco punto di domanda sulla vita di ogni portatore d’handicap. Un punto di domanda che lo stato italiano, troppo impegnato a mostrarsi severo e attento ai conti, non è mai riuscito a sciogliere. «Alla Finestra vogliono creare posti letto per gli adulti, che non hanno genitori», conclude Renzo Dalle Fratte, «Qualcosa viene dato dallo stato e dalla regione ma molto arriverà dai privati». E tra quei privati ci sono anche gli stessi genitori che, investendo il fatidico assegno di accompagnamento, provano ad avere più prospettiva rispetto a questo stato, che spesso sembra affetto da un’accecante miopia.
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