«Vi insegno a convivere con il “sacchetto”»

Maurizio ha subito una colostomia , la deviazione del retto all'esterno che finisce con un piccolo contenitore di plastica che raccoglie le feci . Ha fondato un'associazione per dare un supporto pratico e psicologico alle persone che sono state sottoposte allo stesso intervento

Maurizio a destra insieme al presidente dell'Associazione Paolo MacchiMaurizio è un uomo coraggioso. Nella sua vita ha imparato a lottare senza mai perdersi d’animo.
Lo ha fatto la prima volta quando, negli Stati Uniti, ha contratto il virus HIV che lo ha reso sieropositivo.
Lo ha fatto, successivamente, quando il suo cuore si è messo a fare le bizze, recuperando da due infarti.
E lo sta facendo ora, che ha superato la nuova durissima prova: un tumore al retto che lo ha portato a subire una serie di operazioni (colostomia). Da due anni vive con il "sacchettino", una busta che viene applicata a quanti si vedono asportare vescica o intestino. 
Si chiamano "pazienti stomizzati" da stomia ( in greco "bocca") perchè è un’apertura chirurgica creata per mettere in comunicazione il tratto intestinale o urinario con l’esterno.  In questo modo si crea una via d’uscita nuova per feci e urina che si depositano nell’apposita sacca posizionata in corrispondenza della "stomia", appunto.

« L’impatto è veramente terrificante – ricorda Maurizio (nella foto a destra)- Ti risvegli dall’anestesia e noti subito quel sacchettino, quel prolungamento esterno delle tue viscere. È uno shock! E la tendenza è quella di isolarsi, chiudersi in se stessi per ripararsi, per nascondersi da quell’ignominia. Si prova una rabbia indescrivibile, un odio verso il destino assurdo».

Anche da quella prova durissima, comunque, Maurizio è riuscito a rialzare la testa, ha cominciato a cercare, a informarsi, a confrontarsi: « Avere il sacchetto sotto i vestiti mette sempre a disagio. Va cambiato ogni cinque o sei ore e si ha sempre la paura di sporcarsi. Quindi, la propria vita sociale va a rotoli e non vuoi più incontrare nessuno. Oggi, io ho imparato a gestire bene il mio corpo. Ho cambiato ben cinque diverse marche di sacchetti prima di trovare quello adatto a me. Ho imparato ad accettare la mia condizione con il supporto di una psicologa».

Oggi, quindi, Maurizio vorrebbe condividere la sua storia, ciò che ha imparato, ciò che ha provato, con quanti vivono nella sua stessa condizione: « Nella nostra provincia vengono operati di "stomia" almeno 200 persone all’anno. Alcuni sono anche giovani. La cosa più importante, una volta sconfitta la malattia, è imparare a vivere nuovamente. E qui entrano in gioco le persone che hanno già provato, sperimentato. Io metto a disposizione il mio bagaglio personale per costituire un’associazione che si appoggi alla Chirurgia dell’ospedale di Varese e si metta al fianco dei pazienti nel momento peggiore del loro risveglio: la scoperta della nuova condizione».

In provincia di Varese esiste già un’altra associazione che si occupa di stomizzati: « È, però, legata all’ospedale di Gallarate e io ritengo assurdo che un paziente, già indebolito, già disperato, già sopfferente, debba girare per cercare una speranza. Io credo che sia doveroso rimanere in reparto, al momento del risveglio, per prospettare subito l’aiuto concreto».

L’associazione neonata, quindi, cerca volontari e sostenitori, si chiama A.S.S.C.(Associazione stomizzati sacchettini colorati onlus) e ha sede in via S. Carlo 5 a Varese. Il numero di telefono di Maurizio è 347 5031191 ed è a disposizione, insieme a quello del cofondatore Paolo (3356535132), di chiunque abbia domande e richieste di aiuto: « Noi vorremmo arrivare sin dentro l’ospedale. Per questo cerchiamo associati ma anche volontari. Insieme potremo dare una mano concreta a chi affronta una nuova vita». 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Luglio 2010
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