Ciminiere e case a corte: Legambiente vuole salvare la storia della città

L'associazione propone di tutelare venti edifici: dalle officine ferroviarie all'ospedale del Boito, all'asilo e alle case costruite dalle imprese a inizio secolo

Ville storiche, ma anche umili case a corte del centro storico. E ancora fabbriche ottocentesche, l’ospedale neoromanico, gli ultimi lembi di brughiera tra Gallarate, Busto e Samarate, tutte le ciminiere rimaste. È davvero ricco il catalogo dei luoghi che Legambiente chiede siano tutelati all’interno del Pgt, il pianourbanistico che regolerà la crescita della città. Singoli edifici, ma anche interi quartieri: il Cigno Verde chiede anche che si protegga il profilo della collina di Crenna, «da viale dei Tigli alla ferrovia», proteggendola da nuove pesanti edificazioni sugli spazi verdi o a sostituire le antiche case del centro storico.

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In totale sono una ventina le segnalazioni presentate. Una prima sezione riguarda le ville e i palazzi di pregio otto-novecenteschi, edifici che testimoniano la fioritura del liberty, del neogotico, del neoromanico in città, sull’onda dello sviluppo industriale, che l’associazione ambientalista vuole difendere dall’assalto dell’edilizia. C’è l’ospedale neoromanico di Arrigo Boito (in largo Boito, appunto), ma anche le case neogotiche di via Cavour-Via Damiano Chiesa e via Magenta-via Oberdan e l’asilo Francesco Baracca di Cascinetta, testimonianza del “capitalismo compassionevole” che realizzava opere per gli operai e le famiglie, a due passi dalle case e dalle fabbriche. Ci sono le ville liberty di piazza Giovane Italia (nella foto) e la casa Orlandi, il grande palazzo di pietra di piazza Guenzati, che fu completato con difficoltà negli anni venti: si dice che la causa fosse la contemporanea costruzione della stazione Centrale di Milano, a cui per ordine di Mussolini era destinata la gran parte della pietra bianca che veniva cavata in Italia.
 
Piccole storie della grande Storia passata a Gallarate. Così Legambiente chiede di tutelare anche altri elementi,a volte secondari: ad esempio il muro di recinzione dei giardini pubblici di via Poma-via Trombini, con i pilastri in cemento fatti a fascio littorio (nella foto), ancora esistenti (anche se senza le scuri in metallo, rimosse dopo la fine della dittatura).
E la storia della “Manchester d’Italia” non può prescindere dalle fabbriche e dalle officine, in gran parte completamente abbandonate: Legambiente chiede di tutelare tutte le ciminiere esistenti, «anche quelle isolate». Anche qui, l’eco degli abbattimenti degli ultimi anni, con la demolizione dell’alto camino della Cantoni (che sarà ricostruito in parte). E insieme a queste devono essere tutelati il Mulino industriale Cerana di via 2 giugno e le officine Fs di via Pacinotti, i cui edifici originari – un po’ soffocati da quelli costruiti nel dopoguerra – risalgono al 1904: furono le prime officine per treni elettrici di tutta Italia, negli anni venti qui si costruivano persino intere locomotive.
 
Ricco, infine, il catalogo di edifici “minori”: i portici e le case medievali di piazza Libertà – intaccate da demolizioni e ricostruzioni negli ultimi anni -, le umili corti di via Donatello a Crenna e di via Mazzini nel centro storico, i palazzi tra piazza Garibaldi via Sironi, l’antico mulino di Caiello, la grande Ca’ di Matt, che è uno dei complessi di case popolari di cui si ventila l’abbattimento e sostituzione con nuovi edifici.

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Pubblicato il 06 Settembre 2010
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