Tagli nel sociale, anche Varese pagherà dazio
Luisa Oprandi, consigliere provinciale del Partito Democratico, analizza la situazione e fa il quadro di cosa ci si debba attendere
Nel prossimo triennio, 2011/2013 a seguito della legge di stabilità del Governo si verificheranno tagli per oltre due miliardi e 800 milioni di euro a carico delle politiche sociali, la famiglia e le pari opportunità con ricadute dirette sui comuni e le province, che dovranno limitare i servizi da loro erogabili, ma anche sul volontariato e sulle onlus. Luisa Oprandi, consigliere provinciale del Partito Democratico, analizza la situazione e fa il quadro di cosa ci si debba attendere.
Quali potrebbero essere le ricadute per la nostra provincia?
La nostra provincia risente, come tutte le altre province lombarde, del taglio complessivo di circa 1 miliardo e 200 milioni in meno di fondi destinati alle politiche sociali, al sostegno alle persone anziane e con disabilità, alle pari opportunità che riguarda la nostre Regione. E a farne le spese saranno, oltretutto gli Enti locali maggiormente virtuosi. Concretamente, nel caso dei comuni come quello di Varese ad esempio, siamo di fronte ad un fondo famiglie dimezzato e alle risorse per le politiche sociali ridotto di un quinto. Ciò significa non potere garantire servizi fondamentali come ad esempio l’assistenza domiciliare agli anziani, ai non autosufficienti e ai disabili e non creare condizioni per lo sviluppo di una politica delle pari opportunità. Pensiamo inoltre che, con le precedenti manovre, alcune voci erano già scomparse dal welfare, come il sostegno straordinario per gli asili nido e il fondo per l’integrazione degli immigrati. I dati forniti da ANCI sono chiari: due anni fa il fondo famiglie era di quasi 190 milioni di euro, è sceso a 100 milioni nel 2010 e per il 2011 sarà di soli 52 milioni. Analogamente il fondo per le politiche sociali sarà di 75 mila euro contro i 380 mila del 2010 e i ben 518 mila dell’anno ancora precedente.
Si era detto che ci sarebbe stata maggiore attenzione proprio riguardo la famiglia. Questo taglio così drastico a quali cambiamenti potrebbe portare?
Lo scenario attuale non ci consente di parlare di semplici cambiamenti ma di rivoluzione, anzi di involuzione culturale. Uno stato moderno e sussidiario considera il supporto alla famiglia e alle persone in difficoltà non gesti di semplice assistenzialismo, ma motore dello sviluppo e della crescita. La famiglia va sostenuta a vari livelli, compreso l’aiuto concreto a garantire dignità a tutti i suoi membri, dal più piccolo all’anziano. Una politica che, in nome del risparmio pubblico, penalizza i settori deboli è fallimentare. A maggior ragione fallisce una politica che taglia drasticamente i trasferimenti dallo Stato agli Enti locali e ai comuni in modo particolare, perché va a penalizzare l’istituzione più vicina al cittadino. Stare dalla parte della famiglia significa invece potenziare e rafforzare il sostegno alle realtà che da vicino vedono i reali bisogni e intervengono per colmarli. Le politiche sociali sono la mano concreta di intervento in casi di difficoltà quotidiana. Tagliarne i fondi significa ad esempio non garantire all’anziano o al non autosufficiente una dignitosa vita in famiglia senza essere di peso, così come favore l’inserimento lavorativo e sociale dei disabili. Ma anche non impedire l’inserimento lavorativo delle donne con una politica locale di potenziamento degli asili nido e delle scuole materne o di attivazione di primarie e secondarie inferiori a tempo pieno, di mense scolastiche non gravose sul bilancio familiare e di attività di doposcuola e ampliamento dell’offerta formativa.
Le associazioni ONLUS e il Volontariato della nostra provincia subiranno qualcosa a causa di questi tagli?
Se al quadro già disegnato aggiungiamo anche il drastico taglio delle risorse provenienti dalla solidarietà fiscale dei cittadini che donano il 5×1000 (di cui sono beneficiarie le ONLUS, il terzo settore e associazionismo in genere ) vediamo chiaramente come a risentire fortemente della "legge di stabilità" siano proprio le realtà che costituiscono la parte integrante della protezione sociale e del sostegno ai più deboli. Non facciamo finta di non vedere e non sapere che le associazioni di volontariato coprono la quasi totalità del bisogno sociale esistente, cui il pubblico non riesce a offrire risposta. In provincia di Varese le ONLUS sono più di 700 e 170 nel solo capoluogo. Il contributo fiscale volontario è per tante di queste realtà garanzia di sopravvivenza, la sua riduzione è la chiusura certa di molte associazioni. Ridurlo pesantemente, come previsto, vuole dire girare le spalle alle persone più svantaggiate e, nello stesso tempo, sottovalutare il lavoro prezioso dei tantissimi volontari che sul territorio, silenziosamente e costantemente, fanno le veci delle istituzioni pubbliche. Ma vuole dire anche non tenere in conto la volontà popolare, della gente comune che "sceglie liberamente" di devolvere parte della propria contribuzione a favore dell’associazionismo, capendone il valore e la insostituibilità. Sono ben 16 milioni i cittadini italiani che fanno questa scelta, ma forse ai politici i numeri interessano solo quando si parla di voti e di consensi, negli altri casi sono "bazzecole".
Al momento, la quota prevista per il Fondo dedicato alla non autosufficienza è pari a zero e forse sarà tale anche per i due anni seguenti. Quali settori del nostro territorio ne soffriranno di più?
Ne soffriranno anzitutto dei cittadini deboli e le loro famiglie. Vale a dire gli anziani, i disabili, coloro che hanno assoluto bisogno di non sentirsi "un peso economico" per le loro famiglie e per le loro comunità. Ne soffriranno coloro i quali saranno costretti magari a scegliere la strada del ricovero in qualche centro di ospitalità perché non avranno alcun contributo utile a garantirne l’assistenza in casa. Ne pagheranno le spese gli onesti che non hanno mai finto un invalidità e hanno bisogno sul serio, oppure le persone con handicap che necessitano di essere accompagnate nel quotidiano e, anche nelle azioni più semplici di avere sempre qualcuno al loro fianco. Ne soffrirà alla fine qualsiasi comunità perché quando si opera per il "bene comune" nessuno deve essere escluso, altrimenti si è sempre di fronte ad un bene parziale.
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