De Luca con i grandi: “Coccole e bastonate per farmi crescere”
Il giovane bomber della Primavera del Varese si allena con la squadra di Sannino ma tiene i piedi per terra: «Vorrei affermarmi come calciatore, ma so che la strada è ancora lunga»
A Viareggio il suo talento è letteralmente esploso, uscendo non solo dai confini cittadini, ma diventando un fenomeno nazionale. Giuseppe De Luca, classe 1991, cresciuto al Montello, è l’ultimo fulgido talento del vivaio del Varese 1910 e sabato prossimo (12 marzo) potrebbe scendere in campo anche in serie B contro il Portogruaro, viste le precarie condizioni fisiche di Neto ed Ebagua. Per intanto è aggregato alla prima squadra e sgobba – come e più degli altri – sul campo di Albizzate dove la truppa di Sannino ha programmato l’allenamento del giovedì.
Giuseppe, per lei è un momento particolarmente felice, cosa si prova ad allenarsi con i "grandi"?
«Lo vivo normalmente. Sono contento di quello che sto facendo con la primavera e lavorare con la prima squadra è solo un onore. I giocatori alternano coccole e bastonate, credo sia il modo migliore per crescere come calciatore».
Contro il Portogruaro potrebbe scendere in campo ma ha già esordito in B a Grosseto; cosa le torna in mente della "prima volta"?
«Sono decisioni che prende il mister, io ovviamente spero di giocare a Masnago. Quella volta in Toscana i compagni mi supportarono dicendomi di stare calmo e giocare come so fare; anche Sannino mi tranquillizzò e mi caricò a dovere».
L’esperienza del Trofeo di Viareggio però l’ha vissuta da protagonista, quali sono i ricordi migliori?
«In campo sicuramente la gara con la Juve e il mio gol di tacco al volo. L’aspetto migliore però è stato fuori dal rettangolo di gioco. Il gruppo era unito e compatto, non c’erano invidie e questo ci ha permesso di arrivare alle semifinali, contro il parere di tutti quelli che ci volevano a casa dopo il girone preliminare». – immagine a lato: De Luca dopo il gol alla Fiorentina (foto di Valeria Pisano)
Ci racconti il suo arrivo al Varese.
«Giocavo alla Casmo e arrivai a vestire la maglia biancorossa dopo il fallimento, quando la squadra ripartì dall’Eccellenza. Il mio primo mister fu Bonetti, che mi diede il soprannome "zanzara", poi ho avuto Bettinelli, Antonelli e Criscimanni e ognuno di questi mister ha contribuito enormemente alla mia crescita».
Si rivede in qualche campione come stile di gioco?
«Molti mi dicono che assomiglio a Di Natale, altri a Miccoli o Giuseppe Rossi. Io mi vedo forse più come Di Vaio; non ho buonissimi piedi, ma riesco comunque ad essere molto presente sotto porta».
Da grande cosa vuole fare?
«Cercherò di diventare un calciatore. Sto muovendo i primi passi, ma la strada per confermarsi è ancora molto lunga e mi aspetta ancora molto lavoro. Il gioco tra la Primavera e i professionisti è molto differente, sia per questioni fisiche, sia tattiche e spero che piano piano riuscirò a migliorare fino ad arrivare in alto».
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