Via Ronchetti, dove nasce la periferia

A due passi dal centro storico, tra piazza Risorgimento e la ferrovia, convivono due mondi: da un lato vecchi cortili con le serrande arrugginite e negozi chiusi, dall'altro palazzi storici restaurati e spazi espositivi

La prima puntata della serie "Cento metri di città"

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I due mondi di via Ronchetti 4 di 16

La signora passa con le borse della spesa e sbircia dietro la vetrina colorata. Centro massaggi. Cinesi. C’è chi sogghigna subito malignità e chi si accosta con curiosità al negozio di via Ronchetti a Gallarate. Di certo le tinte accese – rosa, rosso, viola – sono l’unica nota di colore di questo lato della strada: se si va da piazza Risorgimento verso la periferia, sulla sinistra lo sguardo coglie case vecchie e decrepite, quasi appoggiate le une alle altre per mutuo soccorso. Tutto l’opposto del lato destro, quello che in dieci anni ha ritrovato smalto e colore (e valore immobiliare). È qui che inizia la periferia della città, da sempre: stretti tra il "ponte di Varese" – il sottopasso della ferrovia – e la spianata della piazza del mercato, attraversati dal corso imprevedibile e fetido del torrente Arnetta, questi cento metri di città erano un piccolo borghetto triste e povero. Era così più di cent’anni fa, forse anche novecento anni fa, quando i misericordiosi francescani ci misero il loro piccolo convento.

Si parte da Piazza Risorgimento, spianata retorica e un po’ funerea, nonostante il pratino della rotonda. In mezzo c’è il monumento ai Caduti, che a chi entra da Varese mostra il retro, lastre di marmo nude: un tempo stava sul lato della piazza e dietro c’erano alberi, oggi non fa una bellissima figura, a guardarlo bene arrivando da fuori città. Nei palazzi anni Sessanta-Settanta, di fascino, non ce n’è proprio: quando tagliarono gli alti alberi della piazza comparvero in tutta la loro bruttezza. «Mamma mia, ma regurdea mia quanto erano brutti», sibilavano i vecchietti che guardavano il cantiere.

La piazza non è un capolavoro, non lo è mai stato a dire il vero. Ma noi parliamo dei cento metri dopo che, guardando con attenzione, si fanno notare: dignitoso quartiere quasi borghese a destra, già prima periferia sfatta a sinistra. Se si prende il marciapiede a sinistra, passato il simpatico Caffè De Salve, inizia una raffica di casette basse, con gli intonaci grigi o le piastrelline anni Sessanta messe per ridare un po’ di tono. C’è il centro massaggi cinese di cui sopra (già "visitato" dalla polizia locale), saracinesche arrugginite, cartelli di "trasferita attività"tra cui quello dello storico orologiaio, un negozio sfitto lasciato libero da uno dei tanti "Compro oro" fioriti in città: i compratori di preziosi si sono spostati poco più avanti, all’angolo con via Carducci. Delle agenzie immobiliari, che fiorivano negli anni del boom edilizio, ne è rimasta una sola. Alcuni cortili sono ben tenuti, altri più modesti, abitati da anziani, maghrebini e rumeni che pagano l’affitto per le case a ridosso dell’Arnetta. Eppure qualche negozio, anche qui, resiste.

Il lato opposto è un’altra storia: il palazzone grigio-azzurro è rimasto uguale, ma le altre case sono migliorate in questi anni. Lo storico chiostrino all’angolo con via Borgo Antico – ultimo resto del convento dei Francescani che citavamo – è ombreggiato dagli ulivi; accanto al museo storico degli Studi Patri c’è anche una galleria d’arte. La pregevole palazzina liberty sull’altro angolo è stata recuperata ed è piena di verde sui balconi, la vecchia casa accanto al ponte sull’Arnetta ha guadagnato un piano, ha ritrovato dignità e ora ospita un negozio d’abbigliamento trendy e patinato. Le catenelle messe dal Comune impediscono il parcheggio selvaggio che affligge i marciapiedi di altre vie.

A tenere insieme i due mondi di via Ronchetti c’è la casa ad angolo di via Carducci, elegante con il suo ingresso fiancheggiato dalle colonne. Al sole sembra brillare ancora oggi, come avesse ritrovato il ruolo di quando lo edificarono per nobilitare l’uscita dalla città (quando la città finiva dopo il ponte della ferrovia e lo stadio). Sull’elegante balcone spuntano due parabole satellitari, i vestiti stesi ad asciugare nell’aria carica di Pm10: ha l’aria di essere abitata da stranieri, forse meno infastiditi degli italiani dal rumore dei treni a due passi dalle finestre. Anche qui, ai margini del centro, cambiano gli abitanti.

I 100 metri di via Ronchetti sono finiti, oltre il ponte della ferrovia ci sono lo stadio e l’ex fabbrica Maino, trasformata in ipermercato e al centro persino di un processo per concussione. Ma questa, come si dice, è un’altra storia. E le nostre storie finiscono in 100 metri.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Marzo 2011
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