Tornare in campo vent’anni dopo

Intervista a Edoardo Guenzani, candidato sindaco del centrosinistra a Gallarate: ingegnere stimato, cattolico, moderato. A 67 anni riprende una strada abbandonata tanti anni fa

Lo splendido palcoscenico della Fenice di Venezia parla anche gallaratese grazie a Edoardo Guenzani. Il candidato sindaco del centro sinistra ha uno studio di ingegneria noto in tutta Italia e anche oltre confine. «La ricostruzione del teatro distrutto dalle fiamme ci ha portato alla ribalta internazionale con articoli sui più importanti media a livello mondiale».
 
Quando parla del suo lavoro Guenzani si illumina. Sessantasette anni, cattolico, moderato con una sottile autoironia. Conosce bene Gallarate perché ci vive dal 1969 e negli anni Ottanta è stato anche vicesindaco. 
 
Qual è stata la sua formazione? 
«Nasco in una famiglia cattolica e ho iniziato a frequentare l’oratorio da quando avevo sei anni. I Guenzani sono presenti a Cassano Magnago da almeno due secoli. Mio papà era imprenditore edile e mia mamma casalinga. Ho una sorella e tre fratelli più piccoli di me. Da giovane ho poi ricoperto ruoli di responsabilità nell’Azione cattolica. Il passo verso la politica è stato facile perché a vent’anni mi venne chiesto di occuparmi anche dei problemi della città. Inizia così la mia carriera dentro la Democrazia cristiana».  
 
Dove ha fatto le scuole? 
«Le elementari a Cassano Magnago, le medie a Gallarate, il liceo a Busto Arsizio e poi il Politecnico a Milano, dove sono rimasto a fare l’assistente a Tecnica urbanistica. Ogni passaggio andavo sempre più a sud. Quando avevo 22 anni la mia vita ha avuto una prima svolta perché, morto mio papà, ho dovuto occuparmi dell’impresa di famiglia che faceva costruzioni ed aveva oltre cento dipendenti».  
 
Torniamo alla sua passione politica… 
«Il mio è stato un percorso tutto interno alla DC. Ho iniziato come semplice militante, poi segretario della sezione di Cassano Magnago, poi nei vertici della zona e infine a livello provinciale quando a cavallo degli anni Sessanta e Settanta era segretario Adamoli. Nel 1969 mi sono sposato e trasferito a Gallarate e nel 1975 sono entrato in consiglio comunale come capogruppo. Erano i tempi della giunta di sinistra con sindaco Buffoni. Dal 1980 al 1990 sono stato vicesindaco e assessore all’urbanistica».  
 
Una vita politica tutta vissuta nella Prima Repubblica… 
«Penso che lei alluda a mani pulite… Le dico subito che non sono mai stato nemmeno sfiorato dalle indagini. La mia posizione, soprattutto nell’ultimo periodo fu di contrasto all’interno della maggioranza Dc-Psi non condividendo una politica che vedeva l’azione dei partiti finalizzata alla riscossione del consenso. Ho avuto non poche difficoltà di rapporti con le forze politiche».  
 
Nel 1990 lei lascia la politica. Cosa ha fatto in questi vent’anni? 
«Mi sono dedicato a tempo pieno al mio lavoro, alle mie passioni e al volontariato. Il mio studio di ingegneria ha iniziato a fare grandi progetti. Prima del teatro La Fenice a Venezia, insieme ad Aldo Rossi ho diretto i lavori per la Liuc di Castellanza. Poi, sempre con lui abbiamo realizzato importanti strutture a Berlino e il tecnoparco a Verbania. Abbiamo vinto un altro importante concorso per il recupero della regia di Venaria e, ultimamente, per la realizzazione del museo del Novecento all’Arengario di Milano. Il nostro studio ha lavorato con importanti architetti di fama mondiale sviluppando con loro lavori di ingegneria».  
 
La sua attività di volontariato in cosa consiste? 
«Sono presidente della cooperativa Iris che venne fondata da un gesuita che aveva inventato un sistema salvavita per gli anziani. Sei anni fa ho accettato questo ruolo di responsabilità perché c’erano sempre meno religiosi. Oggi abbiamo 40 lavoratori, ma siamo in uno stato di crisi difficile. Assistiamo a distanza circa settemila anziani soprattutto in Lombardia, ma anche fino al centro Italia. Tutte le settimane chiamiamo e verifichiamo i dispositivi che le persone hanno per chiamare in caso di necessità. È un’occasione per avere un rapporto con tante persone che hanno bisogno di parlare e di sentire che qualcuno si interessa a loro. Oggi subiamo però la concorrenza del mondo profit che fa un lavoro diverso garantendo un prezzo più basso, ma anche una qualità minore».  
 
Parlava di gesuiti. È vero che lei si vede spesso con il cardinal Martini? 
«Si, ci vediamo, ma preferisco che questa mia relazione resti una cosa privata perché credo occorra grande riservatezza. Del resto lavoriamo sotto lo steso tetto».  
 
Lei è sposato? 
«Felicemente da 42 anni. Purtroppo non abbiamo figli, ma è una grande gioia frequentare nipoti e i loro figli. Un po’ come essere nonno con il vantaggio di venir chiamato zio…».  
 
Quali sono stati i suoi maestri? 
«Bella domanda! Da ragazzo, don Enrico, coadiutore di Cassano. Poi, negli anni dell’università, padre Pirola della Fuci. da ultimo il cardinal Martini».  
 
Aristocratico e democristiano. Sono due etichette in cui si ritrova? 
«Non ho mai pensato di esser aristocratico. Nella mia sfera di valori i rapporti con le persone sono molto importanti e non sono improntati in base al censo o all’istruzione. Dialogo bene e con piacere con tutti. No, aristocratico proprio no. Si può pensare che la mia attenzione ai più bisognosi sia “facile” perché sono benestante, ma non la sento come una contraddizione. Sono stato educato ad avere massima attenzione verso le persone che hanno maggiore bisogno. Mi considero fortunato e credo sia una responsabilità impegnarmi perché se Dio mi ha donato dei talenti questi vanno spesi bene e non nascosti o tenuti per sé. Si, sono democristiano e sono stato anche ciellino con una partecipazione anche al Movimento popolare, poi non mi trovavo perché ho sempre avuto uno spirito critico». 
 
Come mai vent’anni dopo torna sulla scena politica cittadina e si candida a sindaco? 
«Sono molto preoccupato per l’assopimento delle coscienze, ma avevo rifiutato la candidatura da parte di alcune forze dell’opposizione. Al tempo stesso credo che non basti una lista civica fuori dai partiti, così, malgrado il mio scetticismo, ho iniziato a partecipare ad alcuni incontri, e smentendo le mie convinzioni ho osservato la voglia di impegnarsi di tante persone. A quel punto, quando anche tanti di loro me lo hanno chiesto non potevo più tirarmi indietro. L’attuale politica a Gallarate sta compromettendo il territorio ed è tutta orientata all’apparenza e non ai bisogni dei cittadini».  
 
Cosa le piace di più di Gallarate? 
«Con onestà devo dire il centro storico pedonale. Mucci è riuscito a fare quello che la nostra amministrazione in dieci anni non era riuscita a causa della contrarietà dei commercianti».  
 
E cosa le piace di meno? 
«Alcuni interventi di fabbricati fuori misura. Non serve nemmeno indicarli perché tutti i cittadini li vedono. Vanno fermati perché ne sono previsti altri e si distrugge il territorio. L’altro aspetto riguarda il traffico e quindi l’inquinamento».  
 
Quali sono le sue passioni? 
«Sono appassionato di musica classica e ho studiato il pianoforte. Pratico molti sport, dal tennis allo sci e da ragazzo l’atletica».  
 
I suoi sogni? 
«Ho avuto tante soddisfazioni nella vita. Vorrei fare qualcosa di concreto per la mia città non tanto per lasciare un mio segno, quanto per quello che porterebbe ai cittadini. Il sogno è quello di alzare la qualità della vita. Può sembrare generico, ma si concretizza in gesti precisi come ad esempio avere più parchi, più verde. Vorrei scalare questa classifica perché vivremmo tutti meglio con una migliore integrazione sociale, una maggiore cultura, un reddito migliore e con maggiori possibilità di lavoro. Penso che questo svilupperebbe un clima di reciproca fiducia al di là delle provenienze delle persone».

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Pubblicato il 14 Aprile 2011
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