Profughi respinti senza essere ascoltati, Corte Europea condanna l’Italia
Sentenza da Strasburgo su fatti del 2009: un barcone con 200 persone venne intercettato e riportato in Libia senza che ai migranti fosse permesso di chiedere protezione internazionale
L’Italia non doveva respingere i profughi che arrivavano dalla Libia. La notizia arriva da Strasburgo, dove, secondo quanto si apprende da un’agenzia dell’Ansa, la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per i fatti che risalgono al 2009, nel cosiddetto caso Hirsi, quando 22 persone vennero rimandate indietro senza essere prima ascoltate. Secondo la Corte non è stato rispettato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura.
L’Italia si troverebbe quindi in torto anche per aver violato il divieto di espulsioni collettive, oltre a non aver rispettato il diritto per i profughi di fare ricorso nei tribunali italiani.
I fatti risalgono al 6 maggio del 2009 quando, a 35 miglia a sud di Lampedusa, le autorità italiane hanno intercettato un barcone in acque internazionali con a bordo più di 200 persone, non solo uomini ma anche donne e bambini. Queste persone sono state fatte salire su altre imbarcazioni e riportate a Tripoli, in Libia, da dove erano partiti. Il tutto contro la loro volontà, senza essere ascoltati e senza che venissero valutate le loro situazioni, come precisa Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir).
Proprio il Cir ha rintracciato 24 persone (11 somali e 13 eritrei) che si trovavano su quel barcone e ha avviato una causa alla Corte Europea. Due di questi ricorsi sono stati dichiarati inammissibili, mentre la sentenza riguarda gli altri 22. Secondo gli avvocati incaricati da Cir, l’azione messa in atto dall’Italia ha di fatto vietato ai migranti di poter richiedere la protezione internazionale in Italia.3
Ora la sentenza, piuttosto pesante, non solo dal punto di vista economico (per cui l’Italia dovrà risarcire con 15mila euro le 22 persone coinvolte), ma anche dal punto di vista dell’immagine che la nostra nazione dà di sé riguardo all’accoglienza dei profughi.
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