I sentimenti del tempo presente

Ancora poche settimane a Villa Panza (Varese) per “Reflection” innovativa esposizione dedicata a Bill Viola, artista statunitense di origini italiane che lavora con la Video Art

Ancora poche settimane a Villa Panza (Varese) per “Reflection” innovativa esposizione dedicata a Bill Viola, artista statunitense di origini italiane che lavora con la Video Art.
La rassegna ha offerto una ghiotta occasione culturale non soltanto al nostro territorio ma al mondo che si occupa d’arte attraverso lo studio del video. Lo stesso autore ha personalmente scelto e coordinato le video-installazioni da collocare negli spazi espositivi di Villa Panza.
L’immagine elettronica, non è di facile lettura perché non ci si trova più di fronte all’opera come a un fatto unico, a un momento contemplativo singolo, alla semplice fisicità della unicità della materia pittorica-visiva. L’immagine video offre una molteplicità di letture, poiché pone in sé una dimensione di fluidità, di riproducibilità, è una visione non più statica e mette in essere un evento, non un oggetto e, integrato ad esso, la nostra emotiva compartecipazione.
L’immagine video sollecita, costituisce, ai nostri occhi, non solo un momento visivo ma una situazione partecipativa- integrativa all’evento stesso. Perché lo strumento che emerge, dalla video art, non è una semplice trasmissione funzionale di immagini, è un materiale così polivalente capace di realizzare un nuovo linguaggio.
L’esposizione realizzata da Bill Viola, è tutta dentro a questo tipo di ricerca visiva. E poiché la Video Art è fatta di luce, la luce è l’elemento che prima d’ogni altro supporto da forma concreta , emozionale, visibile alla plasmabilità dell’immagine, è essa stessa la struttura materiale di tutto il nuovo linguaggio proposto.
La duttilità della luce , strumento attraverso il quale video e telecamera penetrano il reale, è da sola in grado di manipolare la realtà. Sollecita processi mentali che vanno al di là della presa diretta e penetra emotivamente l’ambiguità prodotta dall’apparenza della visione.
Le immagini di Bill Viola, giocando tra i diversi tempi della luce, della sospensione temporale e del lento movimento che connota una visione apparentemente reale, diventa memoria esperenziale dell’azione, temporalità legata all’accadimento e apre una dimensione, mai ben definita, del momento visivo mostrato.
Un’arte che allontanandosi dalle strutture razionali legate alla staticità delle forme si immerge nel processo dinamico della realtà stessa. Non è mai semplice capire cosa si stia osservando, se ci si trova di fronte ad esperienze circoscritte dalla performance posta in essere dal video o se invece è la dimensione del reale quella che il video mostra, oppure se quelle immagini, legate quasi sempre a pretesti formali classici (i dittici o i trittici medioevali e quattrocenteschi) allarghino il nostro immaginario. Qualcosa sempre vi si aggiunge.
Se prendiamo alcuni video in mostra come “The Reflecting Pool del 1977/79” a camera fissa, ciò che si nota nella indeterminatezza dell’immagine è la figura di un giovane che dal bordo di una piscina, collocata in un giardino alberato, compie un tuffo in posizione raggruppata. IL gesto è però solo intuito nel rapido passaggio delle immagini, tra l’azione del tempo, il corpo sospeso nel tuffo e la riemersione dall’acqua. Il gioco emotivo è lì espresso, tra la visibilità di alcuni fenomeni visivi e i diversi processi psichici ed emotivi che sorgono. fa si che il fruitore non sia più in grado di domandarsi a quale mondo appartiene, se in quell’apparire della realtà visiva e nello spazio-tempo che lega il processo visivo e la visione.
In “Nantes Tripty del 1992” , il tempo intermedio del nostro transitare nel mondo viene reso con l’idea, tutta religiosa, dei trittici classici. A destra di chi guarda la lenta agonia di una anziana donna a sinistra la visione di un parto mentre nel centro, in un conteso dinamico ben evidenziato dall’acqua, un corpo umano fluttua sospeso nel liquido. Non è importante sapere che il racconto visivo ci parla di una memoria personale dell’autore, la nascita del figlio e la morte dell’anziane madre, ciò che la struttura visiva mostra e fa si che ognuno di noi si inventi il proprio racconto. E’ l’incrociarsi dello sguardo sulle tre sequenze e il legame dinamico che le stesse producono tra loro e tra loro e il fruitore stesso il puntum dell’immagine.
Non c’è perciò solo il tempo dei “racconti”, non c’è solo il tempo della fruizione, c’è una interazione tra visione e osservazione, tra elementi visivi e la soggettività partecipativo del fruitore.Il tempo della memoria inventa così un tempo reale, in cui visione e azione sono soggetti dell’evento stesso.
Anche in “ Sleeps” il tema della vita e della morte è ben presente.
In questa opera la dimensione temporale si mostra nella penombra di una stanza rischiarata dalla luce fredda prodotta da sette monitor, in una dimensione che è allo stesso tempo vita e sogno.
I movimenti dei volti avvengono nel sonno, nel sogno, sono azioni non coscienti pur appartenendo agli stessi personaggi lì raffigurati. Le immagini filtrano dall’acqua come se ci trovassimo di fronte, nel risvegliarsi di ogni giorno ad una nuova nascita, l’osservatore non è solo una persona che guarda, il riflesso del proprio volto nell’acqua, diventa compartecipe dell’azione che i monitor trasmettono. L’immagine temporale si sovrappone così all’immagine registrata dei dormienti e compie una cesura tra i soggetti e tra lo spazio- tempo che li accoglie.
Il tempo, così come l’acqua e la luce sono gli ulteriori elementi del linguaggio usato da Bill Viola. Un eterno presente, metafora di una temporalità senza passato e senza futuro.
Concetti ben presenti in “The Emergence del 2002”. Una riflessione video installativa attorno alla tela del 1424 di Masolino da Panicate.
Qui, la figura del Cristo è posta nel momento della sua “Resurrezione”. L’idea resa visiva dello sgorgare copioso dell’acqua dal sepolcro, da dove emerge la figura del Cristo, lega in una circolarità di sentimenti sia il percorso tipico del nascere sia la dimensione temporale della vita e della morte che ogni nascita porta con sé.
La sequenza non è più l’eco di una Resurrezione, non fa altro che coniugare vita e morte. La lentezza poi dell’evento, la tensione drammatica che l’immagine enuncia, nel unire spazio e tempo in un’unica visione – partecipazione, non fa che raccontare il ciclo della vita.
Così in “The Innocents del 2007" o in “Three Women 2008" dove le immagini, racchiuse in due dittici, emergono da un fondo oscuro, notturno, attraversano lo spazio e escono dall’acqua che cade sulla loro testo e poi lentamente ritornano da dove sono apparse a testimoniare una profonda dimensione legata alla eterna naturalità della esistenza umana.
C’è in queste opere come in tutti gli altri lavori presenti in mostra di Bill Viola la capacità di saper coniugare la dimensione della pittura con la tecnologia del presente portando con se la dimensione di purificazione che i processi di trasformazione pongono all’interiorità umana. Un linguaggio il cui mondo costruito per simboli e metafore è capace di tenere sempre viva la dimensione spirituale delle cose ultime , pur nelle diversità delle cultura e di tutte le tradizioni spirituali create dell’uomo e che nella lo inevitabilità e ineluttabilità, sono in grado di mantenere vivo e di rafforzare la fragilità della nostre umane esperienze.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Ottobre 2012
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