Con una cruz en la mano

Le riflessioni di Martin Stigol, attore e promotore culturale, argentino che vive nel Varesotto da molti anni

Il papa argentino è una preghiera per i tutti credenti di religione cristiana della terra. Un dialogo che sfida l’Europa cristiana a guardare con altri occhi i sacrifici della Chiesa latinoamericana  “fuori della cattedrale” che ha saputo tenere fortemente un legame con chi ha sempre cercato con dignità di costruirsi una vita nella speranza della pace. È  sicuramente un sguardo diverso che saprà raccontare il dolore della migrazione a chi è  in viaggio per il mondo e non chiedere il permesso  né alle frontiere, né alle economie di mercato.

 Al di là dell’emozione di vedere in cima al cristianesimo un connazionale, credo che sia importante, per le sofferenze di chi non trova facilmente il cammino della speranza, vedere un rinnovamento nello sguardo della tradizione europea degli ultimi anni. E che questo cambiamento possa avere, nel futuro della Chiesa, una luce nuova per chi crede e per chi non crede, un luogo nella storia per la Chiesa latinoamericana.
Immagino i miei connazionali, sperduti nel confine della Patagonia, saltar dalla gioia come bambini,  con una cruz en la mano e abbracciare la foto di un uomo che chiede umiltà e preghiera con tonalità spagnola. Come se fossero fratelli di un parente lontano che nonostante la distanza li guarda da una piazza invasa dai fedeli. 
Credo che saranno emozionate i fedeli delle chiese sconosciute de “las villas” che hanno saputo tenere in piedi la fede e la speranza di uomini e donne mentre la violenza della dittatura, la crudeltà del neoliberalismo vorace e la tirannia dell’economia mondiale colpivano intere popolazioni; quanti preti, quanti uomini di fede morti in questi duri combattimenti di parola e giustizia.
Spero che sia un sguardo diverso contro la corruzione dell’uomo che ogni giorno distrugge con egoismo il mondo dove tanti altri uomini, donne e ragazzi che professano o non la fede cristiana  cercano di compiere  il miracolo nella vita democratica di ogni giorno.
Che  questo uomo, preso quasi alla fine del mondo, in un luogo così imprecisamente preciso, sia capace di costruire un  dialogo con il popolo sparso per il mondo intero mentre guarda da quella finestra di piazza San Pietro come se fosse la casa de Dios.
Oggi, nel mio paese, si sa che Dio non è argentino, come si commenta in una tipica barzelletta portegna, ma non dimentica di vivere in una argentina che crede nei diritti umani, con giovani generazioni che amano la pace e  che combattono contro l’ingiustizia della povertà.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Marzo 2013
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