Alessandro Castiglioni ammette l’errore

Il giovane critico del dipartimento del Museo Maga è tra i curatori di Mediterranea 16, la Biennale internazionale dedicata ai giovani artisti di Ancona

Il 6 giugno ha aperto ad Ancona Mediterranea 16, ovvero la Biennale internazionale dedicata ai giovani artisti dal titolo Errors Allowed/Gli errori sono ammessi. Dopo diversi anni, la manifestazione torna in Italia nella suggestiva cornice della Mole Vanvitelliana.
L’edizione numero 16 vede la partecipazione di oltre 200 artisti provenienti dai paesi del Mediterraneo scelti da un team di giovani curatori chiamati dalla presidente della Biennale Krista Mikkola. Oltre a Marco Trulli e Claudio Zecchi, Nadira Aklouche-Laggoune, Charlotte Bank e Delphine Leccas, Slobodne Veze/Loose Associations anche Alessandro Castiglioni del dipartimento educativo del Museo Maga di Gallarate e co-segretario del Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate.

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Alessandro Castiglioni tra i curatori di mediterranea 16 4 di 17
Un importante incarico curatoriale per Alessandro che, nonostante la sua giovane età, ha già un significativo percorso di ricerca alle spalle e la partecipazione a progetti espositivi italiani e stranieri, tra cui il network Little Constellation di San Marino.
 
Cosa è Mediterranea 16? 
La Biennale nasce all’inizio degli anni ’80 e cerca un dialogo tra le diverse aree del Mediterraneo. È la prima Biennale itinerante poiché ogni edizione si tiene in una nazione diversa. Dopo le importanti edizioni di Thessaloniki e Skopie torna in Italia con una formula nuova.
 
Ovvero?
Per la prima volta gli artisti non sono stati scelti dalle nazioni partecipanti, come solitamente accade in manifestazioni di questo genere, ma volontà del team di curatori è stata quella di aprire la possibilità a chiunque volesse partecipare aprendo un bando internazionale. Abbiamo ricevuto oltre 2000 richieste, tra cui sono stati selezionati i duecento presenti in mostra. 
 
Gli errori sono ammessi è il titolo della rassegna: come definisci l’errore?
Il titolo vuole porre due questioni fondamentali: se gli errori sono ammessi qual è il sistema normativo che stabilisce cosa sia errore e cosa no, arrivando a toccare naturalmente  la questione della formazione. Ovvero come l’informazione  nella nostra società gestisce i parametri di definizione dell’errore. La politica cerca di rappresentarsi anche attraverso l’arte, l’ha sempre fatto, e spesso è cosciente che un individuo formato è più libero di uno non informato, per questo gioca un ruolo fondamentale l’istruzione e la formazione.
 
Cosa è per te l’errore?
L’errore è un’occasione, una possibilità. Le opere in mostra sono notevolmente caratterizzate e posso affermare che questa sia una Biennale fortemente politica, a partire dal primo video The Blockade di Igor Bezinović che racconta l’occupazione dell’Università di Zagabria da parte degli studenti. Da quell’episodio la ribellione si diffuse in oltre 20 facoltà e gli studenti diventarono soggetto politico attivo. Oppure l’installazione di Vladimir Miladinović che analizza esempi di articoli di quotidiani serbi dagli anni novanta in poi, con un’enfasi sulle relazioni con la guerra nell’ex- Jugoslavia, ridipingendo ad acquerello le prime pagine dei giornali.
 
Sono stati invitati oltre 200 artisti quale filo comune li unisce?
Come dicevo sono lavori dall’impegno politico molto forte. Tanto che abbiamo avuto anche diversi problemi con alcuni paesi. Si può leggere uno sguardo differente rispetto all’idea dell’artista nella società . Il giovane artista si chiede quale ruolo egli rivesta nella società: mentre per artisti provenienti dall’area Balcanica l’approccio è più di denuncia in Medioriente  questa si diventa quasi di vera e propria militanza. Bisogna contare che in alcuni di essi ribellarsi può anche essere molto pericoloso. Nell’Europa occidentale invece si legge una dimensiona più disincantata, si legge la necessità di un ripensamento. Se negli altri paesi l’Utopia sembra ancora un pensiero possibile, in occidente la percezione è che essa appartenga più al passato che al presente.
 
Anche i piccoli stati d’Europa  sono presenti alla Biennale, che ruolo hanno secondo te nell’area  mediterranea?
I piccoli stati hanno la caratteristica di avere una doppia velocità. Sono allo stesso tempo realtà locali, proiettate in una dimensione internazionale. Spesso l’artista in queste realtà è molto più indipendente e l’arte è fortemente sostenuta. Anche in queste Biennale si è potuto riflettere sui paesi che lasciano indipendenza alla cultura e quelli che cercano di controllarla. 
 
Questa esperienza come si colloca all’interno del tuo percorso di ricerca?
È l’ideale proseguimento del mio lavoro che si svolge al Museo Maga con il dipartimento di didattica e formazione e con la linea che ha intrapreso il Premio Gallarate. Già l’ultima edizione Long Play  è stata molto coraggiosa presentando “artisti –ricercatori”, meno conosciuti nel sistema dell’arte commerciale ma con un forte processo di ricerca dietro l’opera finale. Trovo, infatti, particolarmente importante la pratica della ricerca che diventa fondamentale del fare arte oggi. La rete e la sua diffusione capillare non pongono più il problema , in termini sociali, di possedere e ricordare un dato informativo. Il problema è del “come” ovvero della nostra capacità di accesso a tali informazioni. L’artista- ricercatore  oggi non si pone il problema di “ mostrare” la propria ricerca ma sente la necessità di mettere in crisi il problema della conoscenza.

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Pubblicato il 28 Giugno 2013
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