“Io e Asti, amanti del bel gioco e dei fondamentali. Anche nella vita”

Intervista a Giani Corsolini, allenatore e dirigente di lungo corso, che parla del basket di oggi e della sua amicizia con lo storico coach della Robur. Si ritroveranno sabato 23 a Varese

(d. f.) Sabato 23 novembre, alle 17, nel complesso del convento dei Cappuccini di viale Borri, si terrà una festa-incontro con protagonisti Gianni Asti e Gianni Corsolini. Si parlerà di basket e di storia dello stesso, con particolare attenzione all’epopea della Robur et Fides. Anticipiamo qualche parola di uno dei due Gianni (Corsolini; nato a Bologna, allenatore e dirigente di lungo corso a Cantù, ex presidente di Legabasket; ora si diverte da opinionista nella trasmissione Basketball su Tele7Laghi) in questa intervista di Pier Fausto Vedani.

Gianni&Gianni: dove,come, quando e perché è nata la vostra amicizia?
«Amavamo entrambi l’attività giovanile e ci vedevamo spesso in campi metafisici, insomma quelli di allora, o all’aperto o in impianti fatiscenti dove le misure non erano regolamentari, il piancito nemmeno e i canestri rigorosamente in legno. Però la religione era già quella dei fondamentali individuali, della difesa e della velocità in contropiede».

Lei a 18 anni ha diretto per la prima volta una squadra in una partita di serie A. Corsolini (a destra nella foto a lato, con Tonino Zorzi) l’avremmo visto come primo allenatore solo anni dopo a Cantù. Fu un successo, ma poi ha sempre preferito il lavoro alla panchina: perché? 
«Prima di arrivare a Cantù, ho diretto il Motomorini – il primo allenatore Dino Fontana era ammalato – alla Misericordia di Venezia contro la Reyer allenata da Enrico Garbosi. Partita persa 52-47. Cantù ha significato tutto nella mia vita e l’ha condizionata positivamente nella pallacanestro, nel lavoro e nella famiglia. Ma negli anni ’60 c’era anche il boom economico-culturale ed entusiasmo per la vita. Forse il successo immediato, chiamiamolo così, nella pallacanestro ha aumentato la mia curiosità per il mondo e la cultura del lavoro che stava evolvendo. Il mio vero obiettivo è stato il tentativo di misurarmi anche nel lavoro e tutto sommato è andata bene anche lì».

Il basket non l’ha mai lasciato, anzi è stato la passione della sua vita, è riuscito addirittura a portarlo nel mondo della cultura.
«Mi sembra esagerato dire che io ho portato il basket nel mondo della cultura. Sono state le circostanze e suggerirmi questo. A Milano ho conosciuto e frequentato Luciano Bianciardi, così come tempo dopo per il lavoro ho incontrato più volte Giovanni Arpino. Nel lontano 1969, inoltre, il mio primo viaggio in Russia l’ho fatto con Roberto Gervaso».

Ci conosciamo dal 1958, siamo ottantenni, il Gianni di oggi mi sembra entusiasta e motivato come allora. E quando si è accennato alla possibilità di abbracciare tutti insieme Gianni Asti lei si è scatenato. 
«Sono entusiasta e motivato come allora, ma soprattutto arrabbiato per la generale mancanza di entusiasmo e passione. La mancanza di soldi è un alibi. Ha ragione il Papa perché preferiamo le bolle di sapone alla realtà. Gianni Asti, la pensa come me. Ha ancora dei ricordi entusiastici dei vecchi tempi ed ama ancora la pallacanestro vera, quella dei fondamentali non solo in campo ma anche nella vita».

Sabato prossimo alla sala San Francesco dei Cappuccini ci sarà anche il suo editore, Alberto Figliolia, per chiudere proprio a Varese il ciclo di presentazioni di “Torta di riso”, il secondo divertente amarcord cestistico di Gianni Corsolini. 
«Alberto Figliolia ha la colpa ed il merito di aver "preteso" il mio primo libro (Quasi sessant’anni della mia vita con gente del basket) e di aver pubblicato anche il secondo, Torta di riso e stuzzichini vari, che è meno presuntuoso, ha un po’ di retrogusto baskettaro, ma può essere letto tipo strenna natalizia o compagno di viaggio o vacanze. Il coinvolgimento di Figliolia è arrivato proprio per le lettura di Luciano Bianciardi».

Sto pensando che noi appassionati più volte giustamente abbiamo festeggiato la Pallacanestro Varese, ma non ci siamo mai ricordati della Robur, dei suoi campioni, dei suoi tecnici. Festeggiando Gianni Asti iniziamo un doveroso recupero. Per continuare un percorso che ricordi quello che è stata e continua a essere la Robur anche sul piano dei valori, possiamo contare sul vulcano Corsolini?
«Non so che cosa io possa fare. Confermo solo il ricordo della grande Ignis ma altrettanto ricordo con rispetto ed ammirazione gli sforzi di una società che ha sempre prediletto ed amato il mondo giovanile, non dimenticando per questo i valori extrcestistici della vita. Con questo sentimento mi piace ancora accennare all’amicizia con Gianni Asti perché in fondo siamo anche adesso amanti della pallacanestro e proveniamo entrambi dal mondo cattolico e di questo non ci dimentichiamo».

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Pubblicato il 19 Novembre 2013
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