“La gente teme la chiusura dei piccoli ospedali. Ma sbaglia”

Il direttore sanitario dell'Asl Taborelli, dopo il successo dell'incontro a Luino, spiega l'interesse della gente per questa riforma che pare minacciare i presidi più piccoli

Il 17 ottobre ad Angera ieri sera a Luino il prossimo 22 novembre nella sala consiliare di Oggiona Santo Stefano. Si moltiplicano gli incontri con la popolazione per spiegare la Riforma della Sanità in discussione in Lombardia. 

Il presidente della Commissione sanitaria regionale Fabio Rizzi incontra la gente per spiegare la filosofia della riforma ma anche per tastare il polso della collettività.
Tra i relatori delle serate anche il direttore sanitario dell’Asl di Varese Stefano Taborelli: « C’è grande attenzione su questo tema. Credo che la gente sia spaventata dall’idea che chiudano i piccoli presidi. E questo timore è legato a un’incomprensione di fondo: non si sta discutendo di chiusure o accorpamenti, ma di nuovi modelli organizzativi di sanità che rispondano meglio alle esigenze della popolazione».
 
In altri termini?
Con la lettura dei dati epidemiologici abbiamo una fotografia della richiesta dei prossimi decenni. Si sente spesso dire che il 30% dei pazienti hanno malattie croniche e assorbono il 70% della spesa sanitaria pubblica. Ecco, a Varese questo dato è anche peggiore, nel senso che assorbe l’80%. Insomma, il futuro è dell’anziano e dobbiamo tenerne conto
 
Quindi meno ospedali e più residenze sanitarie
E, quindi, una migliore organizzazione che permetta agli ospedali di trattenere il meno possibile il paziente in fase acuta. Superata questa fase, però, ci vuole un’accoglienza di minore intensità ma adeguata alle nuovo condizioni dell’utente. L’incomprensione di fondo è che i cittadini pensano alla trasformazione dei piccoli presidi in strutture di degenza a lungo termine con perdita del carattere ospedaliero. Invece, ragioniamo sulla costruzione di una rete che raccolga i 6500 letti presenti in provincia nelle diverse RSA. È qui che ci concentreremo per creare la rete territoriale. Quando parliamo di fragilità le risposte devono essere vicine. 
 
Nessuna chiusura per i piccoli presidi, dunque…
Gli ospedali piccoli serviranno a lavorare d’intesa con il presidio maggiore di riferimento, alleggerendolo, così, di parte della propria mole di lavoro. Penso ad alcuni presidi come Luino o Tradate che hanno una ragione legata alla loro posizione strategica. Se poi, aggiungiamo che hanno anche servizi di qualità, allora è facile costruire un nuvo modello che accompagni il paziente lungo il suo percorso di cura, dalla fase acuta alla riabilitazione. 
 
Ma la riforma non prevede solo 10 centri iperspecializzati a cui si affiancano ospedali hub di riferimento per il territorio collegati in rete con presidi più piccoli?
Tra i centri iperspecializzati io prevedo anche Varese che ha un’eccellenza legata anche alla presenza dell’Università. I piccoli presidi devono solo lavorare in collegamento stretto in modo da non centralizzare tutto nel solo centro d’eccellenza. In questi presidi territoriali troviamo ottimi professionisti che hanno solo bisogno di avere la giusta collocazione

E le Asl? Vanno accorpate?
Se consideriamo la funzione di “Programmazione, acquisto e controllo” , l’accorpamento sovraprovinciale non può che portare vantaggi: con una programmazione a largo spettro si può intervenire meglio e con maggior precisione evitando doppioni o inefficienze. Se, però, parliamo di altri servizi come, per esempio, i rapporti con i medici di base, allora diventa più difficile gestire un territorio ampio. 
 
Come sono andati gli incontri pubblici precedenti a cui lei ha partecipato?
C’è sempre stata grande partecipazione e attenzione. La preoccupazione maggiore è che chiudano gli ospedali piccoli. Per questo chiedo a tutti di informarsi meglio per capire che si sta ragionando su diversi modelli organizzativi. 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Novembre 2013
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