Due imprenditori battezzano l’unione tra metalmeccanici e chimici della Cisl

Al tavolo del direttivo di Fim e Femca della Cisl dei Laghi in vista della prossima unificazione c'erano anche Tiziano Barea, amministratore delegato della Btsr di Olgiate Olona e vicepresidente di Univa, e Mario Porcelli, responsabile risorse umane della Saati di Appiano Gentile

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci sono provocazioni che si possono fare solo quando c’è un cambiamento in atto. E se il cambiamento riguarda il sindacato, allora quelle provocazioni potrebbero aprire una nuova era nelle relazioni industriali. Portare due imprenditori (foto) al tavolo del comitato direttivo di Fim (metalmeccanici) e Femca (energia, moda e chimica) della Cisl dei Laghi, in vista della loro prossima unificazione, per discutere della crisi e dei modelli di contrattazione, richiede coraggio, soprattutto se hai di fronte una folta platea di delegati che si aspettano certezze per placare l’inquietudine che scatena il nuovo ordine economico.
I segretari provinciali di Fim e Femca, Mario Ballante e Flaviano Romito, sanno benissimo che le province di Varese e Como stanno pagando un prezzo altissimo alla crisi e che salvare l’occupazione è la priorità, ma questo salvataggio passa necessariamente dalla salvaguardia delle imprese perché i posti di lavoro in astratto esistono solo nelle statistiche. «Per riprogettare il nuovo tempo, gli imprenditori non possono fare a meno del sindacato, anzi, di un solo sindacato industriale» dice Ballante citando l’economista Giuseppe Berta. Superare le categorie non sarà facile in quanto «l’unico che urla, perché vuole essere cambiato, è il bambino nella culla» commenta un sindacalista di lungo corso della Whirlpool.

nicola alberta fim cisl

Nicola Alberta, segretario regionale della Fim, è appena tornato dal Baden Wurttemberg dove va periodicamente a confrontarsi con i cugini tedeschi. I numeri che presenta alla platea disegnano uno scenario pieno di ombre e con qualche sprazzo di luce. Il manifatturiero tiene la nostra bilancia commerciale ben sopra il segno meno (+113 miliardi di dollari), cresce l’export (+16,5%), rimangono negativi domanda interna (-16%), produzione industriale (-17% rispetto al periodo precrisi), attrattività degli investimenti stranieri e saldo occupazionale. «Ogni volta che vado in Germania – sottolinea Alberta – ritorno a casa spaventato». E non è colpa di uno spettro che si aggira per l’Europa, ma di uno che da tempo si è insediato in Italia e agita la minaccia della deflazione. «Se vogliamo superare questa fase – continua il segretario regionale dei metalmeccanici della Cisl – dobbiamo innovare a tutti i livelli. Un esempio? Pensiamo a internet e alla banda larga, se non investiamo in queste infrastrutture le nostre imprese rimarranno al palo».

 

Alberta parla di lavoratori e aziende come capitale sociale. Nella nuvola di parole chiave che compare sullo schermo c’è spazio anche per «Papa Francesco». Tiziano Barea, amministratore delegato della Btsr  di Olgiate Olona e vicepresidente di Univa, non è per niente sorpreso. Anzi, sorride compiaciuto. Prima dell’inizio del consiglio generale tre suoi dipendenti, delegati della Fim, lo salutano calorosamente al tavolo dei relatori, come si fa con un vecchio amico. «L’azienda – dice Barea – è un patrimonio della comunità e di tutte le persone che vi lavorano. I miei collaboratori devono dare il valore aggiunto al prodotto perché le cose ripetitive le faccio fare alle macchine. Insomma, devono trovare un minimo di senso quando vengono a lavorare». E per trovarlo, questo imprenditore che ha iniziato in un garage e oggi esporta i suoi prodotti di meccatronica in 40 paesi del mondo, investe il 5% in ricerca e sviluppo, più del doppio della media europea, e recluta i suoi collaborati nelle scuole tecniche del Varesotto attraverso programmi specifici di alternanza scuola-lavoro.

La lezione di Adriano Olivetti, per quanto datata, è ancora vivissima nell’immaginario degli imprenditori: i lavoratori devono poter stare in un luogo dove la produzione contiene in sè «verità e bellezza».  Un risultato che secondo Barea si ottiene assecondando il talento e la passione, valorizzando i rapporti umani e favorendo la meritocrazia anche con premi e incentivi mirati. Fattori che, secondo Mario Porcelli, direttore delle risorse umane della Saati di Appiano Gentile, sono indipendenti dall’età, tanto che l’azienda tessile per cui lavora è balzata agli onori delle cronache perché in piena crisi economica assume 50enni. «La carta di identità – spiega il manager – non dice nulla sul valore della persona e sulle sue conoscenze. La vera questione è se le aziende e i sindacati sono pronti ad affrontare negoziazioni su temi nuovi e quindi superare gli schemi preconcetti».
Fare rete a volte puo’ sembrare una frase fatta. In realtà gli imprenditori sanno benissimo quali sono i temi su cui forzare il loro innato individualismo, come ad esempio il welfare integrativo o la formazione, che puo’ essere un semplice passaggio di conoscenze tra diverse generazioni di lavoratori. «Nel tessile – sottolinea Porcelli – alcune informazioni sono custodite gelosamente dalle maestranze e magari tu ti ritrovi con quindici bravi ingegneri ma che non sanno nulla di certe lavorazioni, perché nessuno ha voluto condividere ciò che sapeva».
Il segretario nazionale della Femca, Sergio Gigli, ascolta con interesse. Sa che alcune risposte per il cambiamento del Paese devono arrivare dalla politica e al tempo stesso condivide il cammino di unificazione iniziato dalle due categorie «perché il sindacato deve fare la sua parte». Gigli ha una grande esperienza nella concertazione, ma è consapevole che dietro la porta c’è un nuovo tempo. «Ho sentito rievocare qui il modello di Olivetti – ha detto il segretario nazionale -. È indicativo del fatto che nelle relazioni industriali si è innovato poco, perché quel modello aveva dei limiti proprio nella libertà del lavoratore. Le sfide che ha di fronte il sindacato sono enormi perché investono problemi strutturali a partire dalla necessità di sostenere un welfare integrativo fino alla ridefinizione dell’età pensionistica per i lavori usuranti, passando per l’affermazione di un’economia sostenibile dal punto di vista ambientale».
C’è un’accusa che un sindacalista non vorrebbe mai sentirsi rivolgere, pur sapendo che l’autocritica può essere un fattore che accelera i processi di cambiamento: il sindacato è un ostacolo all’innovazione del sistema? «Nella mia esperienza ho capito che generalizzare non serve – risponde Porcelli -. Alla fine le aziende hanno a che fare con persone e la resistenza al cambiamento è sempre una questione individuale».

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Pubblicato il 09 Giugno 2014
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