Fontana: “Vincere il Campiello è un prestito di fiducia per il futuro”

Intervista al saronnese che con il suo ultimo romanzo "Morte di un uomo felice" ha vinto a sorpresa il prestigioso premio letterario: "Adesso devo fare di più e meglio, con nuove sfide e nuove storie"

«Chi vince rischia sempre di sembrare un po’ antipatico. L’altro ieri qualcuno mi diceva: "Ma se domani vinci il Campiello, a 33 anni, che ti resta?" Che modo sbagliato di porre le cose. Come se scrivere si riducesse a vincere una competizione, e come se l’età qui fosse un fattore determinante. Mi restano la volontà e la possibilità, accresciuta da un premio importante, di fare di più e meglio, di lavorare con maggiore calma e libertà: che è tutto ciò che chiedo. Nuove sfide, nuove storie». Parole che lo scrittore Giorgio Fontana ha scritto sul proprio blog, poche ore dopo aver vinto a sorpresa il Premio Campiello, ottenendo più voti di autori più conosciuti come ad esempio Mauro Corona, dato per favorito fino a poche ore prima.

Il libro di Fontana si intitola "Morte di un uomo felice", è edito da Sellerio e racconta la storia del magistrato Colnaghi, già protagonsita del precedente romanzo di Fontana. È ambientato nel 1981, nel pieno della stagione terroristica italiana e il protagonista deve indagare proprio su questi fatti. Dall’inquietudine è avvolto anche il ricordo del padre Ernesto, che lo lasciò bambino morendo in un’azione partigiana. Due generazioni a confronto, quindi, in due periodi molto delicati e ambigui della storia italiana. 

Giorgio Fontana, da cosa nasce l’idea di raccontare la storia di un padre e un figlio confrontandosi su Resistenza e Terrorismo?

«Giacomo Colnaghi era un personaggio presente nel libro precedente, "per legge superiore": a stesura finita mi sono accorto di non riuscire a levarmelo dalla testa. e così ho raccontato la sua storia; durante le prime pagine mi è venuta l’idea di affiancargli un’altra storia cui tenevo molto, quella di un giovane operaio comunista impegnato nella resistenza dell’hinterland milanese, e così si è creata la dinamica di dialogo a distanza fra padre e figlio». 

Cosa significa per te oggi vincere il Premio Campiello a soli 33 anni? 

 

«Come ho ripetuto più volte, lo prendo come un prestito di fiducia per il futuro. un ottimo punto di ripartenza per lavorare ancora più duramente, cercare di raccontare storie migliori e nel miglior modo possibile. Quanto al modo in cui penso alla letteratura, non cambia di una virgola: e lo stesso vale per il mio lavoro di militanza critica, i miei gusti musicali, la mia fede calcistica, o le mie idee politiche. Franz Kafka rimane sempre il mio eroe. Continuo a leggere fumetti e studiare pensatori anarchici. I miei amici, che hanno contribuito a trasformare il teatro la Fenice in una curva da stadio, restano i miei amici».

Quali i prossimi progetti e obiettivi? 
«Avrò un po’ di impegni e presentazioni nei prossimi mesi, ma per il resto non cambia molto: appena avrò tempo e le idee più chiare mi rimetterò alla mola per un nuovo romanzo. ho anche un paio di idee per dei saggi brevi. Vedremo». 


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Pubblicato il 15 Settembre 2014
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