La “buona scuola” a Varese: un’occasione sprecata
C'erano solo dirigenti ad ascoltare il Capo dipartimento del Ministero dell'Istruzione giunto in provincia per ascoltare le esigenze del territorio. Quattro ore di incontro ma senza vero confronto
La “buona scuola” passa per Varese ma lascia l’amaro in bocca. Nonostante l’invito recitasse che il "Capo del Dipartimento per l’Istruzione, Luciano Chiappetta avrebbe incontrato i sistemi di istruzione delle provincie di Varese e Como, rappresentati dai relativi dirigenti scolastici e da esponenti di genitori, studenti, docenti, attori istituzionali, culturali ed economici", nell’aula magna del liceo Curie a Tradate si incrociavano solo volti di dirigenti. Qualche, sparuto docente, il rappresentante della consulta studentesca di Como e forse qualche anonimo genitore. Scarsa comunicazione dell’evento o snobismo? Le voci sono contraddittorie anche se molti propendono per la prima risposta.
Al tavolo dei relatori anche il neo presidente della Provincia Vincenzi, il vicesindaco di Como Silvia Magni e un rappresentante dell’associazione industriali comasca.
L’incontro ha avuto la forma di una comunicazione: dibattito assente, solo un elenco di annunci. Ha iniziato proprio il Capo del Dipartimento dell’Istruzione Chiappetta che ha spiegato i motivi della necessità di una riforma: « L’ultima vera riforma è legata all’introduzione dell’autonomia – ha raccontato – un’autonomia che, di fatto, è andata svuotandosi perché sono state tolte progressivamente le risorse» Il pubblico in sala non può che essere d’accordo: sono tutti dirigenti, bloccati nella loro programmazione da anni.
« C’è un divario tra organico di diritto e organico di fatto: la scuola conta su 682.000 insegnanti di ruolo ma, per funzionare, ha bisogno altri 120.000 docenti, quei precari che ogni anno vengono chiamati con contratti annuali per coprire il fabbisogno». I dirigenti lo sanno: ogni anno vedono passare fior di supplenti incaricati di assicurare l’attività normale, senza la possibilità di garantire continuità didattica e stabilità.
« Oggi i nostri ragazzi non hanno competenze trasversali per muoversi nel mondo del lavoro e le loro conoscenze linguistiche sono penalizzanti. Non è deludente che la “conoscenza della lingua inglese a livello scolastico” è considerata il livello più basso di competenze? I nostri ragazzi sono chiamati a cercare lavoro in tutto il mondo: con quali strumenti? » I dirigenti lo sanno: si fa fatica a fare formazione e anche per il CLIL ( insegnamento in lingua inglese di una materia scolastica diversa) oggi ci si affida al mero volontariato dei docenti che impiegano tempo e denaro propri per ottenere le competenze necessarie.
« La scuola italiana è un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale. Una Ferrari dove il meccanico di turno non è riuscito a calibrare il motore nel modo migliore. Questo va fatto con il minor costo possibile». I dirigenti, questo, non lo sanno: ci sono, potenzialità enormi, professionalità elevate sacrificate, progettualità inespresse perché è tutto frenato dalla mancanza di fondi, da riforme che hanno svilito i percorsi di istruzione, dall’assenza di programmi di investimento e sviluppo tecnologico. Ma su questa visione diversa non c’è dibattito: qualche sporadico intervento che non innesca il confronto. Non c’è tempo: chi vuole ribattere e fare domande non ha diritto di parola. Gli interventi sono programmati e sono ispirati alla dimostrazione di modelli virtuosi nei diversi campi: « La scuola varesina e lombarda in generale – aveva spiegato all’inizio dell’incontro il dirigente dell’Ufficio scolastico varesino Claudio Merletti – è un’eccellenza che va solo inquadrata in un’organizzazione migliore». Manca il contributo dei docenti, manca la visione dei genitori, manca il polso degli studenti varesini.
Dopo oltre 4 ore di parole l’incontro si chiude. La sala è ormai vuota. La sensazione è quella di aver sprecato un’occasione.
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