Due anni a Cutrì l’evaso, a processo la banda

Condannato il bandito inverunese. Richiesta di rinvio a giudizio per i componenti della banda che organizzarono ed eseguirono l'assalto al tribunale di Gallarate, in cui morì il fratello Nino, e la latitanza

Domenico Cutrì ha patteggiato una pena di due anni davanti al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Busto Arsizio Patrizia Nobile. Il pubblico ministero Raffaella Zappatini aveva chiesto un anno. Troppo poco per il Gup che, di fronta a questa richiesta, era intenzionata a mandare a giudizio il protagonista dell’evasione da film avvenuta lo scorso febbraio davanti al Tribunale di Gallarate, organizzata dal fratello Nino Cutrì, poi morto nel conflitto a fuoco con gli agenti della Polizia Penitenziaria, a causa di un colpo sparato da uno della sua banda. Il pm è comunque riuscito ad ottenere una condanna a due anni senza processo. Per l’inverunese, comunque, la partita più grossa si giocherà al tribunale di Torino per il processo relativo all’omicidio del barista polacco Lukasz Kobrzeniecki per il quale si era arrivati ad un passo dalla condanna definitiva all’ergastolo per lui prima che confessasse, al sostituto procuratore Zappatini, di essere stato lui l’esecutore dell’omicidio.

LA BANDA – La richiesta di rinvio a giudizio per i  numerosi reati commessi nell’organizzazione e nell’esecuzione del piano di evasione, invece, è stata formulata nei confronti degli altri componenti della banda che hanno partecipato al piano di evasione: si tratta di Aristotele e Adamo Buhne, Luca Greco, Davide Cortesi, il terzo fratello Daniele Cutrì, Carlotta Di Lauro, Danilo Grasso e Christian Lianza. Cinque di loro hanno chiesto, avendone facoltà, di essere nuovamente interrogati dal pubblico ministero e sono i due fratelli Buhne, Davide Cortesi, Luca Greco e Daniele Cutrì.


LA STORIA –
La vicenda dell’evasione tenne

 banco per circa una settimana a partire dal 3febbraio quando, in una mattina piovosa e fredda, il commando guidato da Nino Cutrì si presentò davanti al tribunale di Gallarate dove il fratello Domenico, detto Mimmo, si era recato con tanto di scorta rinforzata della Polizia Penitenziaria per presenziare ad un’udienza per un processo per truffa. All’uscita, sulla piazzetta, c’erano Aristotele Buhne, Nino e Daniele Cutrì, Christian Lianza e Danilo Grasso con un arsenale composto da pistole e fucili mitragliatori da far impallidire "Rambo". Si innesca una sparatoria mentre uno di loro punta una pistola alla testa di Aristotele Buhne nel ruolo di finto ostaggio della banda, Mimmo Cutrì si libera delle guardie che lotenevano con due strattoni decisi e fugge insieme ad una parte del commando mentre altri restano impegnati nella colluttazione con gli agenti. Anche il resto del gruppo riesce a fuggire con Nino Cutrì ormai esanime in auto e che morirà poco dopo in una disperata corsa all’ospedale di Magenta dove arriverà già senza vita. I giorni successivi sono fatti di indagini serratissime condotte dal sostituto procuratore Raffaella Zappatini, dai Carabinieri di Gallarate e dall’investigativa di Varese. L’intero territorio viene battuto palmo a palmo, arrivano i primi arresti, la scoperta di due covi e poi, quando ormai tutta la rete di amicizie di Cutrì era stata scoperchiata, si giunge all’arresto in un casolare di Inveruno, a pochi passi da casa sua. Lì il 9 febbraio trovano Domenico Cutrì, gli uomini dei gruppi speciali dei Carabinieri, con una 357 magnum pronta all’uso.

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Pubblicato il 11 Dicembre 2014
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