Quando il lago ci apparteneva: ecco cosa contiene l’archivio storico
Migliaia di documenti a disposizione di studiosi e storici: al Centro Internazionale Insubrico si può ricostruire la vita attorno al “Territorio dei laghi varesini”

Col lago si viveva, si moriva, e c’era addirittura chi, fra le sue acque e i suoi riti, diventava uomo. Oggi quello specchio d’acqua è un’entità lontana, lo si guarda, lo si ammira, ci si gira intorno, ma pochi, pochissimi lo scrutano con l’occhio di ci deve campare, di chi vuole sapere cosa custodisce sotto la sua superficie.
«Addirittura una volta entravamo nel lago pedalando all’impazzata in sella alla bici: la gara era fra chi si spingeva più in là, più verso il centro, fra noi ragazzi del lago»: Amerigo Giorgetti è uno di questi ragazzi che la passione per il lago l’ha sublimata nella cultura che si nasconde fra le migliaia di documenti contenuti nell’archivio storico del Territorio dei laghi varesini custodito oggi dal Centro Internazionale insubrico Cattaneo-Preti dell’università dell’Insubria.
Un giacimento di storie che è stato al centro della ricerca di tre studentesse dell’ISISS Daverio-Casula in preparazione del loro esame di maturità.
Così nell’aula seminari di villa Toeplitz a Sant’Ambrogio Alice Miccio, Irene Oblatore, e Giulia Re Calegari (questi i nomi delle tre studentesse) hanno parlato della storia di Giovanni del Galgino, che concesse in affitto una parte del lago contro il pagamento della pigione in pesci da parte del nobile Bossi di Azzate: eravamo nel 1433 quasi 200 anni prima che i diritti di pesca passassero a Milano – controllata dalla Spagna – e concessi alla nobile famiglia meneghina Biglia.
Oppure alla storia di Pedretto da Voltorre, che venne denunciato proprio perché privo di permessi di pesca e salvato dall’intercessione dei Padri della Passione: siamo nel 1653. Storie che manifestano come il lago fosse un centro di grande interesse, soprattutto economico e “geopolitico” diremmo oggi. E storie di cronaca nera, di omicidi un tempo consumati a schioppettate d’archibugio, come la morte della “Guardia dei laghi” Carlo Montalbetti per una disputa, guarda caso, sul pesce pescato: 17 novembre 1653.
Roba d’altri tempi? Si, ma non del tutto: era ancora il momento in cui il lago testimoniava un’appartenenza che a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso è andata perduta.
Per custodire e avvicinare i varesini alla loro memoria si è parlato anche di Lacus Loci: Tiziana Zanetti (che il lago ce l’ha in famiglia dal momento che è nipote di uno dei quattro pescatori professionisti ancora in attività) ha illustrato il lavoro di questo progetto fortemente patrocinato dalla Regione Lombardia per proteggere la memoria di una cultura – e quindi anche di un paesaggio – che va scomparendo. Sono state realizzate diverse interviste ai pescatori nel “quartier generale” (dopo l’abbattimento della sede della cooperativa pescatori di Calcinate) di Cazzago Brabbia; sono state raccolte fotografie e testimonianze della pesca e delle storie di lago che sono le sempre resteranno “consistenza” della cultura immateriale dei nostri luoghi.
Tornando all’archivio si tratta – come ha ricordato sempre il professor Giorgetti -, di migliaia di documenti, cartine, testi e testimonianze che possono venir da chiunque consultati: un apparato scientifico enorme che rappresenta l’ossatura di secoli di storia, e storie, di lago.
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