Via Francigena: da Orio Litta a Piacenza

L'ultima tappa del cammino per la strada di fede che attraversa tre regioni del Nord Italia

via Francigena Lombarda da Orio Litta a Piacenza

Nell’antica osteria lungo la via Francigena, questo è il nome per intero, c’è un bel pezzo di mondo. Una statunitense, una belga, quattro francesi e due italiani. Sfogliando il grande quaderno delle presenze si trovano i paesi più incredibili, dal Canada, alla Corea, dalla Namibia al Brasile. Il 14 giugno passarono da qui mie vecchie compagnie. Eddie, lo scozzese, Alasdair, l’australiano e Richard, l’olandese. Il loro messaggio faceva ben sperare perché si dicevano soddisfatti del cibo e del servizio.

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La via Francigena Lombarda, da Orio Litta a Piacenza 4 di 51

In effetti Maurizio è premuroso e sua moglie Mariella è quella che spadella in cucina. I francesi si fanno tentare da polenta e ossibuchi. Noi stiamo sulla più classica zuppa di verdure e per secondo carne alla griglia. Si chiude tutti insieme con il più classico degli amari della casa. Il tutto per dodici euro.
Per me è Renzo è l’ultima serata. Gli altri hanno davanti ancora ventisei giorni prima di arrivare a Roma. Colpisce l’energia che circola. Bernard è il più anziano con 78 anni, ma l’età media di noi otto si avvicina ai settanta. Niente male direi.

Come nella prima notte a Palestro, anche a Orio Litta dormo in una torre. Bella, accogliente, ma come spesso accade c’è anche un rovescio della medaglia: i bagni sono lontani e ogni volta che ti muovi scricchiola tutto che si sente fin dalla piazza. Del resto la bellezza ha il suo prezzo e qui lo scopri dopo, ma vuoi mettere dormir in una torre medievale?

La sveglia è alle 6.30 perché ho un appuntamento alle 8.30 nel borgo di Corte Sant’Andrea dove la Compagnia di Sigerico ha aperto un ostello del pellegrino. Da Orio ci vuole circa un’ora e ancora una volta facciamo un bel sentiero che ci riporta sulla pista ciclopedonale del Po. Corte è per lo più disabitata. Sono rimaste una quindicina di anime e un solo esercizio aperto.
L’ostello è stato ristrutturato nei locali a fianco alla chiesa e può ospitare una ventina di pellegrini.

Rimane a cinque minuti dall’attracco del guado “Transitum padi” dove Sigerico nel lontano 990 superò il Po per passare in quella che oggi chiamiamo Emilia.

Lì ci aspetta Danilo che con la sua barca ci porta a Sud per una quindicina di minuti di viaggio. Il fiume si presenta in tutto il suo spettacolo. Non fa freddo e c’è un bel sole tanto da esaltare i colori dell’azzurro e del verde.
Danilo è orgoglioso di farci vedere la sua casa che mostra molti segni legati alla Francigena. Da diciotto anni tiene un registro ed elabora statistiche sui pellegrini. Nel tempo c’è stato un forte incremento e lo scorso anno hanno guadato il fiume 735 persone di cui il 60% non italiani.

Il viaggio è veloce, ma da una buona idea della maestosità del Po.
Con me ci sono Bernard, Francoise, Monique e Susan. Sono contenti di questa esperienza perché non è usuale bei cammini trovare guadi di fiumi così grandi.

Dopo il timbro di rito a casa di Danilo ci salutiamo perché per me quello fino a Piacenza sarà l’ultimo tratto di strada. Loro fanno una sosta più lunga, mentre io mi muovo subito per reincontrare Renzo che ha preso la variante che passa sul ponte Per arrivare in città.

Il resto della tappa è brutto e noioso. Tutto piatto e interamente sull’asfalto. Quando si arriva a Ponte Trebbia la strada diventa anche a forte traffico e tutto il tratto fino a Piacenza risultano i chilometri peggiori di questi sette giorni. L’ingresso delle città è sempre un po’ problematico, ma quello di Piacenza l’ho trovato davvero lungo.

Il centro è bello e animato anche perché da ieri è iniziato il festival del diritto e la piazza dei cavalli ha diversi gazebo e spazi per dibattiti. In quella del duomo c’è un mercato di produttori agricoli. Approfitto per mangiare il pane di zucca e poi una fetta di castagnaccio.
Ormai il viaggio volge davvero al termine. Incontro Renzo in stazione e ora ci affidiamo ai treni per tornare a casa.

Sette belle giornate. Centocinquanta chilometri, di cui centotrenta in Lombardia. Un cammino che mi ha confermato le cose interessanti di questo genere di esperienze, ma mi ha anche sorpreso molto. Non mi aspettavo tanta bellezza, una accoglienza quasi sempre calorosa è un territorio agricolo, ma anche urbano tanto pulito.

Ho fatto meno fatica, del resto siamo in pianura padana e di salite non se ne vedono. I miei piedi si sono lamentati raramente e con loro anche altre parti del mio corpo.

Torno a casa più ricco. Gli incontri restano un tratto affascinante del cammino. Si riesce a superare anche l’ostacolo delle lingue e ha proprio ragione il sindaco di Orio Litta: “si incontra il mondo senza muoversi da casa”.

Arrivederci Francigena. Ora inizia il lavoro, anche con le istituzioni, per promuovere sempre più questo straordinario percorso.

Il diario delle tappe lo potete leggere qui oppure quello dalla Cisa a Roma scaricare da Amazon.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 25 Settembre 2015
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