Alla Liuc si discute di finanza e coscienza cristiana

All'ateneo di Castellanza un percorso per indagare il rapporto tra religione e investimenti finanziari. Si inizia giovedì 3 marzo

ghetto ebraico

Il 29 marzo prossimo il ghetto di Venezia (foto sopra) compie 500 anni. Fu il primo al mondo e la parola ghetto venne coniata proprio tra le stanze di quel grumo di case, anzi, “grattacieli“, sorti a due passi dal sestiere Cannaregio, vicino ai “geti”, le fonderie della città, lemma che gli ebrei askenaziti, provenienti dall’Europa centro-orientale, faticavano a pronunciare con la “g” dolce.

Se la comunità tedesca fu tra le prime ad insediarsi nella Repubblica Veneta, nel ghetto si stabilirono ben presto ebrei provenienti dai quattro angoli della terra: francesi, spagnoli e portoghesi, cioè sefarditi, arrivati dopo la cacciata di Spagna del 1492, ebrei levantini, provenienti dall’impero Ottomano, come testimoniano ancora oggi le cinque sinagoghe di Venezia.

Gli ebrei non potevano svolgere le attività svolte dai cristiani ai quali, a loro volta, con la chiusura dei Monti di Carità, era proibito il prestito di denaro a interesse, considerato dalla Chiesa un lavoro indegno . Nella comunità ebraica, a differenza di quella cristiana,  anche l’ultimo degli ultimi sapeva leggere, scrivere e far di conto, motivo sufficiente per essere investita di questo nuovo ruolo. In buona sostanza, gli ebrei  non potendo detenere la terra, svolgere altre professioni, se non quella medica, dove eccellevano, e avere cariche politiche, per sopravvivere furono costretti a diventar prestatori di denaro, e non per vocazione come sostiene una facile propaganda antisemita.
Il ghetto, dove sorsero tre banchi di pegno, nero, rosso (nel campo del Ghetto Nuovo è ancora visibile l’insegna) e verde, divenne il quartier generale degli affari della Serenissima. Il tasso di interesse, stabilito in accordo con il governo della città, variava dal 5 al 12 per cento, a seconda della garanzia offerta.

Nemmeno per i musulmani prestare denaro a interesse è una attività indenne da divieti teologici. Innanzi tutto l’attività di finanziamento deve essere conforme alle regole della Sharia che vieta l’applicazione di interessi sui prestiti e promuove la responsabilità sociale d’impresa. Per esempio, un islamico non potrebbe investire in business che hanno effetti nocivi sulla società, come la produzione di alcolici, tabacco, pornografia, solo per elencarne alcuni. Le transazioni finanziarie in genere devono essere legate all’economia reale, quindi non sono accettate le transazioni puramente speculative, come i derivati. Nella finanza islamica esiste una figura di obbligazione, il Sukuk, che serve a finanziare progetti sostenibili dal punto di vista etico. In Italia Azimut è tra i principali fondi di investimento nei bond islamici.

La questione dei rapporti tra finanza e religione è dunque molto articolata e complessa con elementi comuni tra le varie confessioni, primo fra tutti la dimensione etica e i relativi divieti. Un tema poco indagato ma che ha risvolti  importanti anche sul piano legale ed economico in generale. La Liuc-Università Cattaneo ha deciso di approfondire questo filone  attraverso un ciclo di incontri, inserito nelle attività del Centro Pastorale Frassati con l’obiettivo di favorire lo sviluppo e l’elaborazione  del profilo etico delle professioni.

«Credenti ma anche laici – spiega la professoressa Eliana Minelli, docente di organizzazione aziendale della scuola di economia e management della Liuc e promotrice dell’iniziativa –percepiscono sempre di più un’assenza di modelli adeguati a cui rifarsi quando si è chiamati a prendere decisioni in questo campo. L’obiettivo di questi incontri è aiutare gli studenti ma non solo a sviluppare una maggiore consapevolezza su questi temi».

Si inizia Giovedì 3 marzo alle 17 e 30 con il tema delle scelte di investimento finanziario in un contesto di alta volatilità e decrescente fiducia nei mercati. Ospiti Paolo Tenti (consulente di fondi etici) e Pierluigi Molla (commercialista), che dialogheranno con  Valter Lazzari (Ordinario di Economia degli intermediari finanziari della LIUC) e con il cappellano della Liuc  don Michele Aramini. 

La partecipazione è gratuita con iscrizione obbligatoria: http://www.liuc.it/scripts/convegni/c.asp?81

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 23 Febbraio 2016
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