Via Francigena: da Santhià a Vercelli

La decima tappa corre tutta tra le risaie del vercellese. Un gran caldo affrontato con serenità e tante belle chiacchiere

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Quando entriamo nel bar alle 6.30 del mattino di una domenica caldissima non ci sorprende vedere una barista cinese. È uno dei tanti segni dell’Italia che cambia, anzi che è già cambiata. Non speravamo di poter far colazione così presto.

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Santhià dorme ancora e lungo la strada principale, subito dietro l’ostello, incontriamo solo un paio di persone. Una sta ripulendo il salotto della cittadina dalle cartacce. Ci scambiamo un saluto e chiediamo se per caso conosca un bar aperto. Ci dice che possiamo trovare solo il caffè delle macchiette alla stazione. Invece, proprio in quella direzione, verso l’uscita del centro abitato, incrociamo il bar “cinese”.

Da lì abbiamo due ore di cammino per San Germano Vercellese, unico centro abitato di tutta la tappa.

L’uscita da Santhià ci porta subito in mezzo alle risaie. Ci eravamo attrezzati con un repellente potente che tiene lontani veri e propri sciami del fastidioso insetto.

Un’assenza e una presenza caratterizzano il cammino: non c’è un filo d’ombra in tutto il sentiero è il sole, malgrado una sorta di cappa, picchia davvero forte. Già dalle prime ore del mattino superiamo i trenta gradi. A darci un po’ di sollievo è una leggera brezza che di tanto in tanto si fa sentire.

La strada corre di fianco alla sp 11 ed è molto suggestiva. Interamente in mezzo alle risaie che fa risaltare tante tonalità di verde intenso. In mezzo si vedono tante specie di uccelli, ma spetta agli aironi il primato della bellezza e dell’eleganza. Stiamo lì a guardarli e loro imperterriti se ne stanno fermi ad aspettare una occasione di caccia. Il frinire delle cicale è il suono più diffuso. L’unico diversivo sono i diversi treni che passano vicino perché il sentiero si sviluppa tra la strada provinciale e la ferrovia.

Treni locali, regionali lunghi e anche Frecce bianche che riconosci per la diversa velocità con cui taglia le nostre “mesetas” come qualcuno che ha già percorso il cammino di Santiago chiama il tratto da Piverone a Pavia, tutto in mezzo alle risaie.

Oggi con Martin non abbiamo incontrato nessuno. Per la verità sono giorni che non si vede traccia di pellegrini. Patrizia, che aveva fatto le tappe fino a Ivrea, è rientrata a casa. A Santhià, dai registri dell’ostello apprendiamo che un paio di persone passano ogni giorno, ma gli ultimi hanno firmato la loro presenza due notti fa.

La tappa, a parte zanzare e caldo, non presenta nessun problema. Ben segnata e con un fondo stradale ottimo, la di percorre in circa sei ore comprese le soste.

Per me una tappa particolare perché domani riprenderò il cammino da Fiorenzuola perché ho già percorso il tratto lombardo e mi manca solo quello per salire fino alla Cisa.

Un anno fa questo era il giorno della vigilia dell’arrivo a Roma e l’emozione resta intatta. E con questa la felicità e lo stupore per un cammino di straordinaria bellezza.

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Pubblicato il 10 Luglio 2016
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