I misteri nelle agende di Stefano Binda
In aula al processo per la morte di Lidia Macchi vengono proiettate le immagini degli scritti che potrebbero ricondurre l'imputato al delitto
Le agende di Stefano Binda, gli scritti, le poesie, la corrispondenza con gli amici, tutto viene passato ai “raggi x” in aula, durante il processo per la morte di Lidi Macchi.
Curioso come un uomo, a distanza di tanti anni, possa aver conservato tutta la propria produzione letteraria, custodita in casa come in un museo; ma Stefano Binda, il 50enne di Brebbia accusato di aver ucciso la compagna di scuola Lidia Macchi, il 5 gennaio del 1987 a Cittiglio, non è una persona qualunque.
E’ un poeta, un intellettuale, vinse un concorso per fare ricerca a Pisa e all’epoca ogni sua parola era trascritta, religiosamente, dall’amica che lo adorava: Patrizia Bianchi, la donna che oggi ha fornito alla polizia le informazioni per arrivare agli indizi contro di lui.
L’udienza di oggi vede come testimoni due agenti della squadra mobile, Silvia Nanni e Pippo Campiglio, che ricostruiscono tutto ciò che nelle perquisizioni a Brebbia è stato trovato. L’equazione dell’accusa, Gemma Gualdi della procura generale di Milano, è che in quelle agende ci siano indizi fortissimi che portano Stefano al delitto di Lidia: a casa di Binda c’era la poesia di Cesare Pavese “verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, lo stesso scritto che fu rinvenuto all’interno della borsetta di Lidia dopo la morte.
Patrizia Bianchi definisce la poesia di Pavese il cavallo di battaglia di Binda.
Nella borsetta c’era anche un’altra poesia, “Ti volevo dire amore mio”, il cui significato va accertato. Nelle agende di Binda c’erano fogli con un simbolo (cerchio e una sorta di T nel centro) molto simile a quello con cui è stata firmata la lettere “In morte di un’amica” giunta ai genitori di Lidia il giorno del funerale. La sovrintendente Nanni ha elencato una miriade di reperti trovati a casa di Binda, alcuni anche molti intimi e personali, e tra questi anche il biglietto “Stefano è un barbaro assassino” che però si trova in una agenda del 1986, un anno prima della morte di Lidia.
Altri due elementi però potrebbero essere suggestivi. Patrizia Bianchi, a sua volta, aveva una agenda esclusivamente dedicata al Binda in cui, con amore, annotava tutto ciò che egli diceva. In particolare, in due passaggi la donna scrive che Stefano, dopo una messa in ricordo di Lidia, le disse “Tu non sai, non puoi nemmeno immaginare che cosa sono stato capace di fare”. E che aveva confessato qualcosa a un tale D. Secondo gli investigatori D. sarebbe un prete.
La prossima udienza è in programma il 26 maggio: doveva parlare la madre di Lidia, Paola Bettoni, ma il suo avvocato, Daniele Pizzi, ha annunciato in aula che non potrà essere presente perché quel giorno si sposerà il figlio minore, Alberto, il fratellino di Lidia che all’epoca dei fatti aveva solo un anno.
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