Gori: “Sono qui per ascoltare e conoscere”

Il candidato del centro sinistra alla presidenza della Lombardia ha incontrato diverse realtà del saronnese, tradatese e del sud ovest della provincia. "L'eccessiva burocrazia e il lavoro sono due temi centrali per la prossima campagna elettorale"

Gori generiche

Gori x la Lombardia è lo slogan scelto dal candidato del centrosinistra per la presidenza della regione. In questa fase politica è anche una scelta operativa e di metodo attraverso una serie di tour sui territori provinciali e locali.

Il sindaco di Bergamo era già venuto a Varese, scegliendo di lanciare la propria posizione sul referendum dell’autonomia insieme ai colleghi lombardi. Molto critico con Maroni e la Lega, ma anche convinto sostenitore del SI.

“Superato la fase delle bufale e della propaganda, oggi si sta lavorando su questioni concrete come le competenze da delegare alle regioni. Anzi segue con attenzione la questione ed è quello che dicevamo prima della campagna elettorale”.

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La giornata nel Varesotto di Giorgio Gori è iniziata a Saronno visitando alcune realtà sociali e ambientali. Da lì si è trasferito a Tradate e poi ad Albizzate per la tappa più lunga in attesa della serata pubblica a Besnate. Un tour per incontrare luoghi, realtà, aziende, ma anche persone. “Negli incontri sono io che ricevo più di quanto possa dare per ora”.

Ad aspettarlo al circolo The family ad Albizzate non sono solo i giornalisti e diversi militanti del Pd, ma anche i giovani che da diverso tempo gestiscono lo storico locale. Una realtà viva e diventata punto di riferimento di tanti universi giovanili della provincia e non solo.

Giorgio Gori è lì anche per loro, per ascoltare e farsi un’idea di cosa si muova ed esista in provincia. Un territorio dalle tante facce e che richiederà diversi altri appuntamenti. “Torneremo per fare un giro nel nord e nelle area di frontiera dove ci sono decine di migliaia di frontalieri e nuove infrastrutture”.

Quali sono i temi che ha trovato più ricorrenti in questi primi incontri?

«Le difficoltà burocratiche. È curioso che in tanti sottolineano questo aspetto negativo per la propria attività. Per me sarà uno dei temi forti della campagna elettorale. Dobbiamo semplificare e non rendere difficile la vita a chi lavora. Il secondo aspetto è la ricerca del personale. Abbiamo ancora una forte disoccupazione ed è paradossale che le imprese lamentino la difficoltà nel reperire collaboratori qualificati. È il segno più evidente degli errori fatti nella formazione in questi anni».

Negli ultimi periodi la Regione ha spinto molto sul tema del turismo. Crede davvero possa essere un settore trainante dell’economia lombarda?

«Ho un osservatorio privilegiato in questo perché a Bergamo in questi anni abbiamo lavorato bene, e infatti è una delle città che è cresciuta di più. Il turismo è un elemento importante e basta vedere cosa sta succedendo a Milano. Proprio su questo però ci sono cose che vanno riviste, perché non va bene che il capoluogo lombardo abbiamo avuto un boom senza che questo abbia avuto reali ricadute sui territori. Manca una reale visione di insieme».

Il Varesotto è il territorio più prossimo all’area ex Expo. Cosa ne pensa del futuro di questo sito?

«È un peccato aver visto sfumare l’arrivo dell’EMA, ma anche senza questa l’area di Expo sarà una leva di attrazione e investimenti notevoli. È chiaro quindi che per il vostro territorio sarà un’occasione importante di sviluppo».

E su Pedemontana come vede il futuro?

«Intanto aspettiamo di sapere se fallirà o meno. Io mi auguro che non fallisca, ma non posso non vedere il fallimento politico della gestione di questa importante infrastruttura»

Il nostro Paese segna il passo sul tema delle nascite e questo sta iniziando a preoccupare seriamente per il prossimo futuro. Cosa può fare la Regione su questo?

«Anche qui Bergamo è in controtendenza, ma i dati lombardi sono critici. Il calo delle nascite è da imputare a tanti diversi fattori. Su alcuni la Regione può e deve intervenire. L’insicurezza rispetto al lavoro e ai servizi è uno degli elementi più forti. Le donne fanno più figli se lavorano e questo è un punto su cui riflettere e agire. Poi esiste anche un tema culturale che ancora oggi fa gravare gli impegni familiari quasi solo sulle donne».

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Novembre 2017
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