Il Partito Comunista colpito dal voto utile. “Ma andiamo avanti”
Cosimo Cerardi, del rinato PCI, fa i conti con la sconfitta in Emilia-Romagna, dove le tre diverse liste di sinistra non alleate del Pd hanno raccolto insieme l'1% dei voti. "Ma sappiamo che la strada sarà lunga"

«Il “voto utile” è una maledizione ormai quasi decennale, che perseguita i nostri sforzi elettorali». Cosimo Cerardi, della federazione varesina del rinato Partito Comunista Italiano, ne è consapevole: il partito anche in una terra di antichi richiami come l’Emilia-Romagna non è andato bene e la sfida è difficile, in futuro.
«La valutazione più immediata che ci riguarda – dice Cerardi (nella foto con il segretario provinciale Vco Claudio Maulini) – è l’estrema frammentazione dei comunisti, variamente rappresentati in questa tornata elettorale, una frammentazione che messa tutta insieme ci fa superare di poco l’1%». Laura Bergamini, la candidata del Partito Comunista, ha preso lo 0,44%, la giovane orchestrale Marta Collot di Potere al Popolo si è fermata allo 0,30%, mentre Stefano Lugli – candidato della lista L’Altra Emilia-Romagna – che comprendeva anche Rifondazione – si è dovuto accontentare dello 0,26%. I risultati delle tre liste sono poco migliori di quelle dei candidati (effetto di una quota di voto disgiunto per Bonaccini), ma siamo sempre intorno all’1%.
Troppo poco per pensare, a sinistra, a una rappresentanza, anche se tutte le liste si fossero unite. «È un problema di non poco conto, esprime, infatti, un problema di rappresentanza che allo stato attuale delle cose è ben lungi dall’essere tout court risolto».
«La seconda valutazione, legata alla prima, è che, ancora una volta, in questo scontro politico è valso il ragionamento del voto utile, “voto utile” che si presenta, come una maledizione ormai quasi decennale, “una maledizione” che perseguita i nostri sforzi elettorali». E appunto neppure il voto disgiunto (per il candidato presidente Bonaccini e per una lista esterna alla sua coalizione) ha mitigato l’effetto.
«Probabilmente la strada è più lunga di quel che si era preventivato, ma noi comunisti lo sappiamo e l’abbiamo a più riprese detto, che il percorso per la ricostruzione del partito è lungo e che in ogni caso per noi resta l’idea che l’agone elettorale per noi rimane uno dei momenti della lotta per il reinsediamento del partito nei territori, una “vetrina”, ma niente di più».
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