Sono albanese. E c’ero già prima
L'opinione di una lettrice alle prese con un paese diventato anche suo a costo di grandi sacrifici e conquiste
Gentile redazione,
Sono onesta, un pochino mi dispiace questo improvviso apprezzamento e gratitudine verso gli albanesi perché Edi Rama ha deciso di mandare 30 medici in soccorso all’Italia.
Siamo un’intera generazione di albanesi che da circa 15/20 anni cerca di riscattare le fatiche fatte dai nostri genitori, combattendo anche contro la mobilità sociale che c’è in Italia, cercando di diventare qualcuno in uno Stato che non te lo permette.
Mi dà un po’ fastidio sentire questo plauso generale per gli albanesi e l’Albania quando ottenere la cittadinanza è un percorso lungo, tortuoso e difficile e quando, a parità di meriti, devi arrabbattarti tantissimo per raggiungere degli obiettivi che un italiano ottiene molto più facilmente di te.
Io ho scelto di dare una mano da quando ho 15 anni, a modo mio, all’Italia perchè la amo tantissimo aldilà dei suoi innumerevoli difetti.
Ho lavorato a progetti per promuovere la legalità quando andavo al liceo, ho scelto di diventare assistente sociale per promuovere la giustizia sociale, ci sto provando insomma.
So a memoria i giorni delle feste nazionali e il loro profondo significato, conosco i principi base costituzionali di questo Stato e li proteggo incazzandomi con chi li calpesta.
Vorrei solo che non fossero serviti 30 medici inviati provvisoriamente per il Covid a fare realizzare all’Italia che ci sono degli albanesi che ci tengono.
Io e tanti altri stiamo dimostrando tutto questo da molti anni, andando oltre alle porte in faccia.
Andando oltre al “che strano nome, di dove sei?” e a risposta ottenuta sentirsi dire un “ah” secco. Come se quell’informazione ci declassasse, togliesse qualcosa all’analisi che era stata fatta su di noi fino ad allora
Noi c’eravamo prima, ci siamo ora e ci saremo anche dopo. Che l’Italia non ci dimentichi.
Vi ringrazio.
Cordialmente,
LETTERA FIRMATA
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