“In Germania mi preparo che scoppi la bomba”

Chiara "Anchoa" è una pittrice, mamma di due bimbi, trasferitasi nove mesi fa da Varese a Berlino. Racconta come viene vissuta l'emergenza italiana nella capitale tedesca.

Generico 2018

Chiara “Anchoa” è una pittrice, mamma di due bimbi, trasferitasi nove mesi fa da Varese a Berlino. Racconta come viene vissuta l’emergenza italiana nella capitale tedesca.

Chiara, come viene vista la nostra situazione a Berlino?

«La percezione della situazione italiana sta cambiando proprio in questi giorni . Fino ad ora per quanto mi riguarda ho vissuto giornate terribili perché sono connessa e mi informo attraverso canali italiani. Vivo quindi la crisi come voi in prima persona. Non parlo ancora tedesco e le mie fonti di informazioni anche qui sono i magazine per italiani ( come per esempio il Berlino Magazine) . Così diventa per me difficile capire come è stata presentata la notizia in Germania; mi sembra comunque poco considerata nei tg e sui giornali, come mi confermano alcuni amici italiani che vivono qui da più tempo e che parlano tedesco».

L’ipotesi pandemia, nella vita di tutti i giorni, come viene vissuta?

«Non c’è stato il giusto approccio. La faccenda sembra quasi voglia essere occultata per non generare il panico da un lato e per evitare di fermare il mondo del lavoro e delle imprese dall’altro, con i relativi danni economici. Quindi da giorni vivo una realtà, quella italiana, tramite i social e i miei amici a Varese, mentre intorno a me tutto continua come se nulla fosse. E’ surreale».

Anche negli ultimi giorni, quando ormai è diventato evidente che non si tratta di catastrofismo mediatico ma di emergenza reale, l’atteggiamento non è mutato?

«Mah, direi di sì. Adesso da qualche settimana sono apparsi dei cartelli fuori dagli asili in cui si raccomandano norme sanitarie basilari, ma non hanno chiuso nulla. Nemmeno la scuola dove hanno certificato un caso, che ha chiuso solo qualche giorno per poi riaprire come nulla fosse. Io ho comunque tradotto la preoccupazione in azioni concrete e ho deciso, potendolo fare, di tenere a casa i bambini dall’asilo. Perchè, ripeto, essendo connessa con l’Italia la sto percependo come fossi lì e agisco di conseguenza. Ma la quotidianità qui non è ancora mutata per nessuno, anche se (a detta di mamme che hanno avuto magari bimbi con sintomi compatibili), le hot line sono completamente intasate. Iniziano ad arrivare dei segnali qui e là, come nel mondo dei Club della movida, che stanno chiudendo».

Quindi secondo te il problema esiste e c’è anche lì, ma non se ne parla?

«Sì, mi sembra così. Mi preparo a che scoppi la bomba.  Per ora non se ne è parlato perchè hanno fatto pochi tamponi e quindi il tutto è ancora sottostimato. Così, non mi sento molto al sicuro ed è da quando è iniziato il tutto che penso a quanto preferirei essere a casa, lì con voi. Avere attorno gente che ti capisce, che parla la tua stessa lingua. E non nel senso di idioma in sé, italiano o tedesco che sia. Ma proprio nel senso di persone che se esprimi preoccupazione per la situazione non ti guardano come se fossi pazza e stessi sopravvalutando un banale raffreddore».

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Pubblicato il 12 Marzo 2020
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