Tamponi ogni tre giorni ai frontalieri, il Pd chiede un intervento del ministero degli Esteri
Perplessità sulla proposta anche da parte del presidente dell'Associazione comuni di frontiera Massimo Mastromarino, mentre gli industriali ticinesi bocciano l'idea di test alla frontiera

Una misura controversa, complicata e costosa. Sulla proposta di sottoporre ogni due o tre giorni i lavoratori frontalieri al tampone per accertare la positività o meno al Covid-19, c’è molto più di una perplessità da parte italiana.
La proposta, appoggiata dai principali partiti svizzeri partiti, verrà discussa mercoledì prossimo dalle autorità federali ma ha subito suscitato molti dubbi e anche reazioni politiche.
«Diciamo no a misure vessatorie nei confronti dei nostri lavoratori – dice il senatore del Pd Alessandro Alfieri – Invito le autorità elvetiche alla massima prudenza. Obbligare i nostri lavoratori frontalieri a sottoporsi ogni tre giorni ad un tampone sarebbe senza dubbio una misura vessatoria e, come ha già fatto notare l’Ats Insubria, nemmeno risolutiva nella lotta al contagio».
Alfieri ha già fatto un passo per bloccare questa iniziativa: «Ho già chiesto al ministero degli Esteri un’iniziativa formale verso la diplomazia elvetica per evitare l’introduzione di simili misure. Come ho sempre sostenuto, la battaglia contro il coronavirus la si vince insieme, con iniziative coordinate, proporzionate e bilaterali».
Esprime perplessità anche Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell’Associazione italiana dei comuni di frontiera. «Mi sembra una misura eccessiva, ma anche complicata da attuare – spiega – Inoltre avrebbe costi importanti, visto il numero dei frontalieri che lavorano in Svizzera. Chi si farebbe carico di questi oneri? Aspettiamo di capire le decisioni che verranno prese mercoledì».
Come rende noto la Rsi, anche in Canton Ticino la proposta viene accolta con molte riserve dal mondo economico: «Per noi i tamponi vanno fatti in azienda – ha detto all’emittente il direttore dell’Associazione industrie ticinesi Stefano Modenini – non sono immaginabili restrizioni eccessive al confine».
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