Nelle Pmi l’innovazione è graduale. Vecchie e nuove tecnologie possono convivere
Federico Visconti, rettore della Liuc, è intervenuto all'assemblea di Ucimu- Sistemi per produrre, l'associazione dei produttori di macchine utensili

Dall’assemblea dell’associazione di Ucimu-Sistemi per produrre arrivano buone notizie. I dati resi noti dalla presidente Barbara Colombo indicano che nel 2022 la produzione italiana di macchine utensili, robot e automazione si è attestata a 7.280 milioni di euro, registrando un incremento del 15% rispetto al 2021. Il consumo è cresciuto, del 26%, a 6.311 milioni, determinando l’incremento sia delle consegne sul mercato interno (3.812 milioni, +21,6%) sia delle importazioni (2.499 milioni, +33,3%). In aumento anche le esportazioni che, nel 2022, si sono attestate a 3.468 milioni di euro, l’8,5% in più rispetto all’anno precedente
Federico Visconti, rettore dell’università Liuc di Castellanza, era tra gli ospiti dell’assise con Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy (in video collegamento), e Gian Maria Gros-Pietro, economista e presidente di Intesa Sanpaolo. L’assemblea ha affrontato molti temi tra cui quelli relativi al mercato del lavoro, all’innovazione tecnologica e alla ricerca.
Visconti, che clima si respirava all’assemblea dell’associazione dei costruttori di macchine utensili?
«Positivo, soprattutto per le presenze che erano tante. C’era voglia di confrontarsi e parlare dei problemi, ma anche dei dati resi noti dalla presidente di Ucimu, Barbara Colombo, che indicano una crescita del settore. Sono stati toccati molti aspetti, a partire dal lavoro, anche grazie alle domande degli imprenditori emerse durante il dibattito. Ho avuto la sensazione di un settore esposto e protagonista dell’innovazione tecnologica con dentro la tradizione del nostro capitalismo che ha elementi di valore. In questo modello le macchine utensili estremizzano la necessità di innovazione di un capitalismo più vecchio che però sa fare bene il nuovo».
La politica si sta dividendo sul salario minimo, ma quali sono le dinamiche del mercato del lavoro che preoccupano maggiormente gli imprenditori del settore?
«Dalle domande è emersa la necessità di superare il mismatch delle competenze anche rispetto alle mansioni più classiche. Più in generale c’è un tema della cultura del lavoro e dell’educazione al lavoro. Bisogna domandarsi come vengono utilizzati i fondi per la formazione soprattutto in un momento dove c’è un fabbisogno molto alto di reskilling e di crescita dei giovani nelle professioni tecniche. È dunque necessario avere strumenti per valutare queste policy che siano in grado di dire se le ore erogate per la formazione di un lavoratore abbiano funzionato a dovere oppure no».
Per quanto riguarda le nuove tecnologie, le pmi come valutano l’intelligenza artificiale?
«Non c’è una risposta che vada bene per tutti. Le imprese fanno un po’ fatica a intravedere gli ambiti di applicazione, quindi bisogna studiare bene, valutando caso per caso. Un’azienda di medie dimensioni che fa certi prodotti può trarre grande beneficio dalla manutenzione predittiva e lo stesso si può dire per chi usa l’analisi dei dati in certi ambiti. Questo è il motivo per cui c’è un grande bisogno di ricerca applicata al campo specifico, una ricerca meno pedagogica e più mirata rispetto a quella di base. Per altre applicazioni a trovare la soluzione può essere ancora l’ingegnere o lo stesso imprenditore».
Da una parte c’è l’informazione che a colpi di slogan enfatizza il ruolo delle nuove tecnologie, dall’altra c’è la realtà che obbliga le imprese a fare scelte ben ponderate rispetto a quale tecnologia implementare e se implementarla.
«Bisogna adeguare la struttura secondo una logica di gradualità, fare il passo secondo la gamba, perché tutti questi fenomeni hanno interessi economici. C’è un tema di fisiologia dell’implementazione che non può obbedire agli slogan, ma deve rispondere alle esigenze dell’impresa. Nuove e vecchie tecnologie possono convivere».
Un 2022 ottimo per l’industria italiana di macchine utensili
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