Preoccupa la mancanza di infermieri nel Varesotto. Monti: “Occorre un welfare di confine”
Il Presidente della Commissione Welfare ha lanciato l'allarme. Tra le misure urgenti, per contenere la concorrenza svizzera, agevolazioni o incentivi e borse di studio per i percorsi post laurea
È allarme infermieri. In Italia, in Lombardia e soprattutto nel Varesotto dove la concorrenza del Canton Ticino è difficile da contenere. Il tema è stato affino dato a margine di una riunione della commissione Welfare del Consiglio regionale.
Il Presidente Emanuele Monti ha sollecitato una seria riflessione: « Il panorama della professione infermieristica nella provincia di Varese richiede una seria riflessione e l’adozione di misure concrete per garantire un adeguato supporto ai nostri operatori sanitari e una qualità dell’assistenza ottimale per i cittadini».
La riunione era dedicata a un’audizione di diverse sigle sindacali, tra cui OPI – SIDMI – CGIL FP LOMBARDIA – CISL FP LOMBARDIA – UIL FP LOMBARDIA: «Attualmente – ha proseguito Monti – contiamo 5079 infermieri iscritti nella provincia di Varese, circa 5,5 infermieri ogni 1000 abitanti, mentre la media italiana è di 6,3 e quella europea di 8,3. Di questi l’87% è rappresentato dal genere femminile. L’età media degli infermieri si colloca tra i 55 e i 65 anni, con circa 2100 professionisti potenzialmente in uscita dal servizio nei prossimi 5/10 anni; quindi, quasi uno su due andrà in pensione. Parallelamente, le domande di iscrizione al corso di laurea in Scienze Infermieristiche dell’Università dell’Insubria sono appena sufficienti a coprire i posti disponibili, impedendo una reale selezione degli studenti e aggravando la carenza di personale».
La carenza pesa anche sull’organizzazione degli ospedali delle due Asst dove mancano circa 200 figure in ogni azienda, con ulteriori criticità per gli Infermieri di Famiglia e Comunità finanziati da Regione Lombardia ma non ancora in servizio. A livello territoriale, si registrano 58 RSA con un totale di oltre 11.000 posti letto, ma con poco più di 200 infermieri a disposizione. La situazione è critica, con un infermiere ogni 55,4 ospiti, quando il numero ideale sarebbe il doppio.
«Il Decreto 1000 Proroghe – ha proseguito Monti – ha liberalizzato l’ingresso dei professionisti extra comunitari, ma le difficoltà linguistiche rendono il loro inserimento problematico e poco sicuro. Gli Ordini professionali non dispongono di dati o valutazioni sulle competenze di questi infermieri.
Inoltre, la vicina Svizzera sta attirando un numero crescente di professionisti oltre confine, grazie a retribuzioni nettamente superiori e una stabilità nell’organizzazione del lavoro. Per questo servono incentivi economici per le fasce di confine; implementazione di un welfare di confine, con servizi come asili nido convenzionati con aperture compatibili agli orari di lavoro e sgravi su affitti o mutui; campagna di valorizzazione della professione a livello regionale e nazionale; tasse universitarie agevolate e borse di studio per i percorsi post-laurea, come i master per Infermieri di Famiglia e Comunità. Il mio impegno è di lavorare con tutte le parti interessate per implementare queste proposte e garantire una situazione più stabile e soddisfacente per gli infermieri della provincia di Varese».
Negli ultimi tre anni sono quasi 400 gli infermieri lombardi che sono andati a lavorare in Svizzera, dove lo stipendio può arrivare fino a 5mila euro al mese (mentre in Italia la retribuzione media è di 1780 euro mensili). Indennità di confine e contratti che valorizzino le professionalità di medici, infermieri e di tutte le professioni sanitarie sono alcuni degli strumenti concreti sollecitati per fermare l’esodo di personale dalle strutture del nostro territorio verso la Svizzera.
«Il futuro della presenza infermieristica in Lombardia è un problema molto grave – ha commenta così Samuele Astuti, consigliere regionale del Pd – Come ci hanno spiegato gli auditi, in Lombardia, la situazione della presenza degli infermieri è molto carente e prossimamente sarà ancora più grave: si registrerà il 25% dei pensionamenti e gli iscritti ai corsi sono meno dei posti messi a disposizione. Insomma, il futuro è con pochissimi infermieri. A questo punto, la promozione della professione e il giusto riconoscimento economico sono diventati urgentissimi. Regione deve finanziare borse di studio per le professioni infermieristiche, sostenere economicamente gli studenti che vogliono iscriversi alla facoltà di infermieristica e per il personale in servizio deve riconoscere i percorsi di carriera e risorse aggiuntive nella contrattazione decentrata per gli stipendi » elenca Astuti.
Il Gruppo regionale dei dem ha depositato la proposta di legge sul direttore assistenziale, come già avvenuto nella Provincia autonoma di Trento e in Emilia-Romagna: «L’istituzione di questa figura aprirebbe, sia nel territorio che nelle strutture complesse, percorsi di carriera di tutto il personale infermieristico e interverrebbe in maniera vera e seria nel riconoscere alle professioni sanitarie ruoli dirigenziali importanti, come la formazione universitaria prevede. Queste sono sicuramente le prime azioni possibili da fare da parte della Regione, ma il tema della professione infermieristica va affrontato costruendo un’azione sia regionale che nazionale, affinché gli infermieri assumano il ruolo che gli spetta nella sanità italiana» conclude Astuti.
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