Troppe pressioni commerciali. I bancari di Varese soffrono di ansia e depressione
I risultati di un'indagine realizzata dal dipartimento nazionale welfare della Fabi rivela un clima negativo nelle aziende del credito. Dal 50% degli intervistati emerge una sofferenza reale: disturbi continuativi del sonno e utilizzo di farmaci ansiolitici
Se un tempo lavorare in banca era sinonimo di sicurezza economica e riconoscimento sociale, ora non lo è più. Anzi, fare il bancario espone il lavoratore a una serie di effetti negativi nel rapporto con la clientela generati dalla stessa organizzazione del lavoro. Il silenzio e l’attenzione con cui i delegati sindacali della Fabi, riuniti nella Sala Montini del centro congressi De Filippi di Varese, hanno ascoltato la relazione di Vincenzo Saporito, responsabile del dipartimento nazionale Welfare della Fabi, la dice lunga su quanto la condizione lavorativa del bancario abbia raggiunto livelli che definire stressanti è un eufemismo.
L’indagine condotta dal team di Saporito, basata su oltre seimila questionari anonimi sul clima aziendale, compilati da altrettanti lavoratori bancari di 25 province italiane, compresa Varese, disegna un quadro preoccupante.
«Abbiamo condotto questa indagine anonima sui nostri iscritti – ha spiegato Alessandro Frontini segretario provinciale della Fabi – con l’obiettivo di avere una serie di risposte su come colleghe e colleghi vivono la realtà sul proprio posto di lavoro. I risultati di questa indagine ci dicono che il lavoro del bancario è totalmente cambiato, non rispetto a vent’anni fa, ma anche solo a cinque anni fa. Le persone sul posto di lavoro hanno molte difficoltà e problemi legati alle pressioni commerciali dell’azienda. Il nostro segretario generale Lando Sileoni ne ha fatta una battaglia importante perché va ben oltre l’ambito sindacale , coinvolgendo la sfera sociale, perché la pressione commerciale ha ripercussioni negative sulla clientela».
I dati relativi a Varese sono tra i più significativi, sia come percentuali di risposte sia come numero assoluto di risposte. Sul clima che i lavoratori vivono nelle banche di questa provincia, emerge una sofferenza reale. «Il cinquanta per cento degli intervistati dichiara di avere disturbi continuativi del sonno e fa uso di farmaci ansiolitici – sottolinea Vincenzo Saporito – Parliamo di un lavoratore che subisce la pressione della direzione aziendale che gli impone di vendere un determinato prodotto in quel dato giorno perché interessa all’azienda, mentre in realtà il bancario in qualità di consulente dovrebbe rispondere alle esigenze del cliente ritagliando un prodotto su misura».
I questionari, rigorosamente anonimi, hanno svelato anche situazioni più gravi: il 4% delle persone ha risposto che affronta la giornata con “una sensazione di depressione”. Se a queste risposte si sommano quelle che riportano stati di ansia, frustrazione e apatia, allora si sfiora il 40%. «È una situazione coerente – continua Saporito – con il fatto che la gran parte della giornata la si passa con una situazione di disagio sul lavoro che poi coinvolge tutto il resto. Sono situazioni figlie dello stesso sistema di lavoro».
Saporito nella sua relazione ha specificato che non si tratta di una questione di competenza della Rls (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), ma di un problema prettamente sindacale, relativo all’organizzazione del lavoro. «Abbiamo appena rinnovato il contratto di categoria – sottolinea il dirigente sindacale – e noi questo tipo di situazione l’abbiamo chiamata “colpa organizzativa aziendale” perché con questo clima diventa più facile sbagliare naturalmente in buona fede. C’è infatti un fenomeno di richieste di risarcimento a carico di famiglie che vivono dello stipendio».
Per quanto riguarda le soluzioni da attivare, i dirigenti della Fabi hanno le idee ben chiare: la comunità aziendale si deve attivare per tempo, mentre gli strumenti per intervenire si costruiscono mitigando le forme di pressione che sono la causa di questo malessere. «Nei grandi gruppi il problema della distanza tra la gestione del personale e il vissuto sul posto di lavoro rappresenta un problema – conclude Saporito – Spesso per trovare una persona che si occupa del personale bisogna andare in una regione diversa dalla propria. Ecco perché è importante la comunità di riferimento del lavoratore».
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