Con “Luce” Flaco e i Blak Vomit omaggiano “Il Settimo Sigillo” e invocano la pace in Europa
L'ex chitarrista dei Punkreas scrive il testo e presta la voce al nuovo brano della band. Il videoclip di Francesca Nervi - girato sul Lago Maggiore - è un omaggio alla pellicola-capolavoro di Bergman, ambientata ai tempi della peste e delle crociate
Una canzone nata (forse) per caso e che invoca la «pace in Europa» nel segno del grande cineasta Ingmar Bergman e del suo capolavoro, Il settimo sigillo. Disponibile online da martedì 9 aprile, Luce è il brano nato dalla collaborazione tra Flaco – storico chitarrista e fondatore dei Punkreas – e i Blak Vomit.
Un brano condotto da languidi accordi al piano e un oscuro giro di basso alla ricerca di una «luce più forte, più vera, più mia» che «non c’è». Come in un ossimoro il chiaroscuro di Luce rievoca le atmosfere rese celebri della discografia di Nick Cave and the bed Seeds degli Anni 90 (da The Good Son a Murder Ballads), seppur in un contesto completamente diverso.
A rendere ancora più noir il tutto sono le immagini del videoclip che attinge e celebra la più celebre delle pellicole del regista svedese, vero e proprio maestro nel saper amalgamare il fantastico e il drammatico a tematiche proprie dell’esistenzialismo.
Il video in bianco-nero firmato da Francesca Nervi è ambientato sulla spiaggia Porto Valtravaglia dove Flaco gioca a carte con la Morte, interpretata per l’occasione da Oliviero Cerrini e vestita in maniera del tutto simile a quella messa in scena di Bergman: chiaro è il tributo in riferimento alla partita a scacchi del cavaliere Antonius Block contro il cupo mietitore ai tempi delle crociate e della peste nera, più che probabile è invece l’analogia ricercata con la cronaca internazionale degli ultimi anni.
Come già scritto, la canzone nasce quasi per caso. Così racconta Flaco, autore del testo e voce del brano: «L’occasione è stata un incontro fortuito con Jena e i Blak Vomit. Alla fine di un loro concerto mi hanno chiesto di scrivere il testo di una canzone di cui avevano base e ritornello ma che non riuscivano a sviluppare. La canzone mi è piaciuta molto e ho scritto di getto le strofe con l’intento di regalargliela. La mia registrazione – che era intesa a mo di esempio – gli è piaciuta molto e hanno deciso che dovevo cantarla io. Ne è uscito questo pezzo che mescola autobiografia e cronaca mondana di guerra».
Continua l’artista, penna della maggior parte dei brani dei Punkreas fino alla fuoriuscita dalla band nel 2014, entrando dunque più nello specifico del significato del brano: «Ho l’impressione che l’establishment stia ottusamente andando a farci sbattere mentre il sentimento dominante tra la gente comune è – giustamente – che è ora di far tacere le armi e avviare i negoziati. Vorrei dare il mio minuscolo contributo a questo sentimento sperando che possa crescere e diventare dominante».
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