In radio si respira profumo di paese, la vita a Cuvio fra mille associazioni
Durante la trasmissione “Chi l'avrebbe mai detto", Graziano Tenconi intervistato in studio a Radio Materia sul sottobosco associativo delle realtà che punteggiano la valle

Si tirano fuori dal cappello dei ricordi parole forse démodé ma che ancora oggi in alcune località suscitano quelle emozioni di un tempo, come il vecchio profumo della nonna quando apriva gli armadi a guisa di Madeleine. Per esempio la parola “villeggiante“. E chi la usa più?.
O, ancora, le sfaccettature del dialetto, specialmente nelle valli; idioma persistente sulla punta della lingua dei non più giovani, tuttavia rispettato persino dagli stranieri che si godono le declinazioni di una parlata col suo alfabeto nascente se non nella notte dei tempi, perlomeno fra i tanti popoli che da qui, da sempre, sono passati attraverso i secoli.
Insomma, l’ospite dell’8 di ottobre di «Chi l’avrebbe mai detto?», trasmissione radiofonica di Radio Materia, Graziano Tenconi, 63 anni, ex frontaliere e oggi animatore in diverse realtà del paese, ha fatto tuffare gli ascoltatori in quel caleidoscopio di vita di paese composto dai tanti gesti quotidiani intrecciati, accompagnati inconsciamente dalle usanze di sempre, figure retoriche legate a questa o quella realtà: banda, proloco, gli alpini, l’asilo comunale, e una tradizione che qui nella verde Valcuvia si è oramai radicata, cioè il Taccuin de Cüvi, almanacco che da oltre un quarto di secolo raccoglie storie e ricordi di paese. Una puntata leggera dove si è parlato di tutto questo (nella foto, uno scorcio del centro storico di Cuvio dove è ritratta una vecchia insegna vergata direttamente sul muro).
Storie da sotto il Campanile, sì timbro sonoro inconfondibile per i residenti ma al pari anche metafora di un luogo. Non a caso la parola “campanilismo“, nella sua accezione meno aggressiva, quasi tenera, ben si sposa con l’attaccamento di Tenconi alla sua terra: «Sì, abito a Cuveglio, a Vergobbio per l’esattezza, ma sono di Cuvio»: risposta con certezza replicabile in centinaia, migliaia di altre risposte restituite ai residenti di queste parti se interrogati sulle proprie radici. Origini che distano magari poche centinaia di metri dall’ultima residenza ma che rappresentano il segno, il timbro di una appartenenza: «Sono di Cuvio, sono di Duno, sono di Cuveglio…» indicano il paese del cuore, che vive.
Prova ne è proprio l’attaccamento di Graziano alle associazioni del paese vicino al quale egli vive: nella banda di Cuvio, per esempio, istituzione candidata a compiere i due secoli, in lotta con la “fuga di vocazioni” (musicali) ma che comunque laurea ogni anno suonatori di vaglio, «bravi, bravissimi, veri e propri musicisti». Per la serie: pochi ma buoni. Oppure per rimanere nel binario dei racconti, l’esperienza delle Proloco. Anche qui tradizione – rieccoci – nata coi villeggianti, e rimasta come pretesto per ritrovarsi di fronte ad un piatto di polenta, alle castagne, o ad una fresca danza sotto le frasche, nelle lunghe e dolci serate estive.
L’ospite, introdotto dal giornalista di VareseNews Orlando Mastrillo ha regalato mezz’ora di un dialogo che riporta coi piedi per terra in una quotidianità di paesino, di tradizione, che ancora piace.
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